Il danno patrimoniale richiesto vita natural durante, consistente per esempio nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l’assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce de die in diem, per la cui liquidazione occorre però distinguere il danno passato, ossia già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.) di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, ossia non ancora verificatosi al momento della decisione, ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato. Il Giudice dovrà pertanto monetizzare sia un danno già verificatosi (quello maturato tra il sinistro e la liquidazione); sia un danno che si verificherà nel futuro (quello che verosimilmente maturerà a partire dal momento della liquidazione in poi).
In ordine al primo, trattandosi di un pregiudizio che si assume già avvenuto, il Giudice non può prescindere dall’accertarne la concreta sussistenza, senza potere ricorrere a ragionevoli previsioni, consentite per quanto detto solo con riferimento al danno futuro. Pertanto quando si tratti liquidare un danno passato permanente che si assuma essere consistito nella necessità di una spesa periodica per assistenza, delle due l’una: “o il danneggiato dimostra di averla sostenuta (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.), oppure nessuna liquidazione può essere consentita. Il danno per spese di assistenza, infatti, quando si assuma essere già maturato al momento della liquidazione, è rappresentato dalla spesa sostenuta, non dalla necessità di sostenerla” (Cass. Civ. 13 giugno 2023 n.16844).
Affermazione che, pur nella sua brutalità, non può che essere accettata. Ed invero il danneggiato che, pur avendone bisogno, rinunci ad una assistenza, ad una prestazione, ad un bene e non sostenga la relativa spesa, non può pretendere alcun risarcimento del danno patrimoniale emergente passato, per la semplice ragione che il suo patrimonio non si è ridotto.
E’ ovvio che tale principio comporta una selezione odiosa in termini di classe. Paradossalmente il danneggiato ricco potrà garantirsi un risarcimento in quanto in grado di anticipare le somme che poi gli verranno rimborsate, mentre una vittima povera, non potendo affrontare tale spesa, dovrà rinunciarvi non potendo dimostrare l’esborso. E tale risultato è in qualche modo determinato (così da renderlo più odioso) dall’atteggiamento dilatorio ed attendista del debitore che, non procedendo ad alcuna offerta, anche in forma di acconto, crea le condizioni ideali per risparmiare sulla pelle della vittima .
Ovviamente -come afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 36596 del 30 dicembre 2023- non potrà il debitore avvantaggiarsi ulteriormente, in prospettiva futura, dell’opera solidaristica e sostitutiva posta in essere eventualmente dai familiari, cercando di imputare così “le conseguenze dell’illecito stesso nella sfera giuridica di soggetti ad esso estranei, sol perché avvinti col soggetto danneggiato da un rapporto di parentela”.