Il Consiglio di Stato, con il parere n. 164 del 20 febbraio 2024, procede ad una penetrante quanto incisiva analisi dello schema della tabella unica nazionale. Ponendo come principio prioritario quello dell’integralità del risarcimento del danno, avanza una puntuale critica al provvedimento governativo, sospendendo il parere in attesa del coinvolgimento, come previsto dalla stessa legge delega, del Ministero della Giustizia. Tale intervento costituisce un importante punto fermo in tema della tutela dei diritti del danneggiato, dal quale non si potrà prescindere per la futura regolamentazione di tale aspetto risarcitorio.
“La complessiva finalità dell’intervento – che ne marca, ad un tempo, l’orizzonte assiologico e ne prefigura ed indirizza, anche in una rilevante prospettiva di ordine metodologico, le concrete modalità attuative – è individuata dalla legge nel duplice obiettivo: a) di “garantire il diritto delle vittime […] a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto”; b) di “razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori” (articolo 138, comma 1). Ancorché concorrenti – e tali da prefigurare un necessario e ragionevole bilanciamento – tali obiettivi non si collocano, tuttavia, sul medesimo piano.
Direttiva primaria – per la quale opera, in chiave dichiaratamente garantistica, l’esplicita ed impegnativa valorizzazione positiva di un canone di pienezza e di effettività remediale – è quella che sollecita, in prospettiva essenzialmente vittimologica e solidaristica, la elaborazione di una criteriologia risarcitoria formulata in termini di tendenziale adeguatezza delle poste di danno, destinate a compensare, in via necessariamente equitativa, la compromissione della “integrità psico-fisica della persona”, nella sua attitudine ad incidere negativamente “sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato”, non disgiunta dalla valorizzazione, essenzialmente soggettiva ed idiosincratica, di un concorrente “danno morale”.
Sul piano operativo, ai fini della declinazione delle valutazioni tecnico-discrezionali rimesse all’autorità governativa, la priorità della direttiva è tradotta nell’obbligo – che precede e, con ciò, conforma l’indicazione prospettica degli specifici “principi e criteri” per l’esercizio della delega – di “tenere conto”, nella elaborazione e formalizzazione dei dati parametrici, dei “criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità” (comma 2).
Il richiamo all’acquis giurisprudenziale mira, con ogni evidenza, a salvaguardare, negli intendimenti del legislatore, la garanzia di effettività e congruenza del risarcimento del danno anche nel quadro delle tabelle “ministeriali” di nuovo conio e a scongiurare, in prospettiva programmatica, valutazioni al ribasso rispetto agli assetti remediali da riguardarsi quali tendenzialmente consolidati. In questo senso, le plausibili esigenze di uniformità, omogeneità e certezza nella liquidazione dei danni non patrimoniali (che obbediscono ad un canone di uguaglianza tra situazioni comparabili ed agevolano una definizione stragiudiziale delle controversie) non possono andare a scapito della adeguatezza del ristoro riconosciuto alle vittime di incidenti o di malpractice sanitaria.
A fronte di ciò, si atteggia a direttiva secondaria – che trova giustificazione nella esigenza, di rilievo sociale e di interesse generale, di favorire la calcolabilità e la prevedibilità dei costi transattivi a carico delle imprese assicurative – quella intesa alla salvaguardia della complessiva sostenibilità sistemica, al fine di scongiurare il rischio degli automatismi traslativi in danno della collettività dei consumatori e degli utenti, attraverso l’incremento dei premi contrattuali.
Solo nella illustrata prospettiva, che mette in correlazione la primaria esigenza di tutela dei diritti con gli equilibri del mercato assicurativo, può acquisire specifica coerenza – anche avuto riguardo alla ambientazione dei criteri di liquidazione del danno non patrimoniale nel contesto settoriale del codice delle assicurazioni private, peraltro destinato a coprire, per la illustrata opzione positiva, l’articolato ambito della responsabilità professionale sanitaria – la programmatica rimessione, in via propositiva, dell’approntamento delle tabelle al Ministero delle imprese e del made in Italy, con il supporto tecnico-consultivo dell’Istituto di vigilanza, ma anche con il qualificato e necessario apporto codecisionale del Ministero della giustizia, in via di concerto.
Sotto questo profilo – di ordine procedimentale, ma di incidenza sostanziale – il Collegio non può esimersi dal rilevare che l’intellegibilità dell’intervento normativo in esame risulta compromessa, in assenza di supporto documentale integrativo, dal tratto meramente formale ed inarticolato (fatta eccezione della richiesta, di rilievo del tutto secondario, di collocazione delle tabelle in apposito allegato) del concerto espresso dal Ministro della giustizia.
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Si deve ripetere che il coinvolgimento del Ministro della giustizia appare correlato alla necessaria ed impegnativa verifica, in chiave retrospettiva, della complessiva coerenza dell’intervento con gli orientamenti maturati dalla giurisprudenza “consolidata” in punto di risarcimento del danno non patrimoniale e, in chiave prospettica, dell’impatto della regolazione sulla attività giurisdizionale e sulle modalità di liquidazione dei danni.
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In definitiva, già sotto questo primo profilo, l’erogazione del parere deve essere sospesa, in attesa di una adeguata rinnovazione dell’attività di concertazione interministeriale.
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La relazione tecnica assume, senza peraltro fornirne puntuale riscontro documentale, che il contributo sia stato aggiornato (“a dicembre 2020” e – di seguito – a “ottobre 2022”) per tener conto dei dati aggregati disponibili “per il biennio 2021-2022”, e successivamente integrato “con dati più recenti” (in particolare, con riguardo alle “tabelle di mortalità ISTAT”).
In pratica, la determinazione del fattore di moltiplicazione progressivamente correlato alla percentuale di invalidità ha preso le mosse (prescindendo dal decremento correlato all’età della vittima, per il quale è stata separatamente ed autonomamente elaborata una tabella di coefficienti demoltiplicatori) dalla programmatica imposizione del vincolo che l’ammontare complessivo dei risarcimenti corrispondesse all’importo tale pagabile (per il solo danno biologico) secondo le c.d. tabelle milanesi, per tutti i gradi di invalidità (ammontante, nella stima effettuata nel 2020, ad € 34.991.252,69. Osserva il Collegio che la complessiva razionalità dell’operazione algoritmica implementata – di per sé non arbitraria ed anzi tecnicamente necessitata – appare, per un verso, concretamente compromessa, e resa non compiutamente intellegibile, da un approntamento non adeguato e non aggiornato dei dati aggregati di riferimento e, per altro verso, inficiata da una surrettizia inversione metodologica, rispetto alle direttive scolpite dalla base normativa.
Sotto il primo profilo, l’analisi di impatto della regolazione – nella vicenda in esame particolarmente impegnativa e qualificante, rappresentando l’unico luogo idoneo ad evidenziare, esplicitare e riassumere la logica, i criteri, le operazioni e gli esiti della elaborazione della matrice tabellare – si limita a richiamare le risultanze della nota tecnica dell’IVASS, incentrata su dati temporalmente risalenti, omettendo una puntuale descrizione della situazione attuale, aggiornata con gli ultimi dati disponibili relativamente alla consistenza numerica ed alla distribuzione frequenziale dei sinistri (o degli eventi dannosi) registrati ed alla relativa dinamica apprezzata in un congruo e significativo lasso temporale, sia nell’ambito della circolazione stradale che nel contesto sanitario e socio-sanitario.
Inoltre – quanto al compiuto e circostanziato apprezzamento della concreta incidenza, sul piano delle tecniche, delle modalità e degli esiti risarcitori,della formalizzazione di una tabella unica, con valore normativo, destinata a soppiantare programmaticamente la valorizzazione, validata dalla giurisprudenza, delle tabelle elaborate dalla prassi degli uffici giudiziari – l’analisi trascura il complessivo confronto comparativo con lo status quo, sia in termini assoluti, sia in termini relativi, in relazione ai diversi gradi di invalidità, in tal modo non offrendo elementi per scongiurare il rischio di regressione dei risarcimenti.
A tal fine, una adeguata disaggregazione dei dati disponibili dovrebbe tenere conto non solo della curva statistica dei punti di invalidità riconosciuti nell’arco temporale rappresentativo, ma anche della misura degli incrementi percentuali in funzione di differenziazione equitativa e di quantificazione idiosincratica del danno morale.
Inoltre, appare necessario tenere in debito conto gli aggiornamenti nelle more approntati, sia alla luce della evoluzione della giurisprudenza, sia in ragione degli adeguamenti imposti dal fenomeno inflattivo, ai riferimenti tabellari utilizzati dagli uffici giudiziari sia milanesi che romani, con adeguata giustificazione dei relativi scostamenti e delle valorizzate opzioni di uniformazione.
Sotto il secondo profilo, la sostenibilità degli impatti economici sul sistema assicurativo non può essere acquisita e valorizzata quale vincolo ex ante (ovvero limite rigido e predefinito)per una diluita scansione parametrica dei potenziali esiti remediali, in funzione di generalizzato ed ingiustificato temperamento o, perfino, di misurata e programmatica riduzione della tutela delle vittime. Alla luce del bilanciamento sollecitato, nei termini di cui si è detto supra, dalle direttive evidenziate dalla norma primaria (imposte, del resto, dal quadro costituzionale), solo un eventuale e dimostrato esito di squilibrio macro-economico sulla complessiva redditività delle imprese di settore potrebbe legittimare, nella prospettiva solidaristica evocata dalla Corte costituzionale (cfr. la sentenza n. 235/2014, peraltro riferita alle lesioni c.d. micropermanenti), una opzione sostanzialmente calmierante. Ma una tale dimostrazione non emerge dai dati allegati, né è coonestata da un apprezzamento critico della redditività aggregata delle imprese di settore, per le quali – anche, e si pure non esclusivamente, in ragione delle recenti dinamiche inflattive – consta, all’incontro, di significativi incrementi dei profili tariffari. Merita, con ciò, di essere nuovamente rimarcato che la direttiva di razionalizzazione dei costi gravanti sul sistema assicurativo – che asseconda, per un verso, le aspettative di certezza, calcolabilità e prevedibilità degli operatori economici e dovrebbe contribuire a disincentivare, in prospettiva predittiva, il contenzioso e a favorire la definizione stragiudiziale delle pratiche di liquidazione – non va intesa quale ragione di deminutio della pienezza, effettività ed adeguatezza della tutela che va riconosciuta alle vittime di eventi dannosi.
Alla luce delle considerazioni esposte, l’espressione del parere deve essere necessariamente sospesa, in guisa da consentire all’Amministrazione richiedente di riattivare (anche a mezzo di apposito confronto pubblico con i soggetti a vario titolo rappresentativi) l’analisi di contesto ed aggiornare (con il necessario supporto tecnico ed istruttorio) i dati sottostanti alla articolata elaborazione tabellare, esplicitando i termini di un confronto comparativo puntuale e circostanziato con i parametri tabellari attualmente utilizzati nelle varie sedi giudiziarie e validati dalla giurisprudenza di legittimità ed illustrando le opzioni di standardizzazione ed uniformazione perseguite“