La Corte di Cassazione, con la sentenza resa in data 3 maggio 2025 n. 11614, modifica il proprio precedente orientamento in ordine all’imputazione della provvisionale. La Corte di Appello aveva infatti detratto dalle somme liquidate in primo grado, quale integrale risarcimento del danno, l’importo della provvisionale già riconosciuta nel procedimento penale a carico di un insegnante. I ricorrenti si lamentavano di essere stati così privati di un titolo esecutivo nei confronti del Ministero per le somme corrispondenti alla provvisionale, violando il principio di solidarietà dei danneggianti, secondo cui unica è l’obbligazione ed unica la prestazione risarcitoria al cui adempimento i responsabili sono tenuti per l’intero.
La Corte rammenta preliminarmente che: “la decurtazione dell’ammontare della provvisionale a carico dell’imputato (indipendentemente dal suo pagamento) dal complessivo importo riconosciuto ai danneggiati a titolo di risarcimento danni (per il quale è corresponsabile in solido il Ministero) si fonda sul principio espresso da Cass. Sez. 3, 24/03/2011, n. 6739, Rv. 617579-01 (a cui si conforma l’unico altro precedente di Cass. Sez. 3, 04/04/2017, n. 8662, in motivazione), secondo cui “In sede di definitiva liquidazione dei danni derivanti da un illecito extracontrattuale… il giudice, anche d’ufficio, deve tenere conto dell’eventuale avvenuto riconoscimento, in sede penale, di una somma a titolo di provvisionale, dovendosi applicare un regime giuridico sostanzialmente coincidente con quello relativo all’imputazione degli acconti versati nel corso del procedimento civile in favore dei danneggiati. Non rileva, tuttavia, ai fini della detraibilità della provvisionale, l’effettiva riscossione o meno della medesima, avendo la sentenza penale che la dispone efficacia di titolo esecutivo del quale il danneggiato può avvalersi per conseguire coattivamente il pagamento spettatogli”. Alla base del richiamato precedente possono enuclearsi i seguenti principi: “a) il risarcimento del danno, privo di finalità sanzionatorie, non può attribuire al danneggiato un equivalente pecuniario maggiore del pregiudizio sofferto; b) il giudice, d’ufficio, deve considerare l’aliunde perceptum e, cioè, se il danneggiato ha ricevuto, prima o in corso di causa, delle somme di denaro da imputarsi al risarcimento a titolo di acconto; c) nella liquidazione definitiva, va operata una compensazione contabile tra il danno complessivamente determinato e le somme già ricevute a titolo di acconto; d) la provvisionale liquidata in sede penale ha funzione risarcitoria (nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova e fatta salva la definitiva liquidazione in sede civile) e se ne deve tener conto nella liquidazione definitiva dei danni complessivamente prodotti in capo al medesimo danneggiato da quello stesso fatto illecito che ha formato oggetto del giudizio penale; e) la provvisionale penale va considerata alla stregua di acconto riscosso a titolo di anticipata parziale liquidazione del danno; è comunque irrilevante l’effettiva riscossione della provvisionale, perché, a differenza dell’acconto (spontanea liquidazione parziale anticipata del danno), la provvisionale si imputa ex lege e la sentenza penale costituisce titolo esecutivo del quale il danneggiato si può avvalere (si sottintende, cioè, che il danneggiato – avendo un titolo esecutivo giudiziale nei confronti di uno dei danneggianti per una parte del pregiudizio patito – non potrebbe conseguire un altro titolo esecutivo giudiziale – azionabile nei confronti di un altro danneggiante – per l’intero pregiudizio, in quanto otterrebbe, azionando i due titoli, un risarcimento maggiore del danno subito, che è uno soltanto)“.
A parere della Corte sussistono plurime argomentazioni (giuridiche e anche logiche) che impongono di superare il richiamato precedente giurisprudenziale. Ed invero risulta: “incongrua, sotto il profilo logico-giuridico, la conseguenza che se ne trae, dato che dall’individuazione di plurimi soggetti tenuti solidalmente all’obbligazione risarcitoria – il docente condannato in sede penale al pagamento di una provvisionale e il Ministero civilmente responsabile ex artt. 28 Cost. e 2049 c.c. – deriva invece un iniquo trattamento dei danneggiati. È pacifico che la solidarietà nelle obbligazioni (nel caso, ex art. 2055 c.c.) costituisce un vantaggio per il creditore: infatti, in virtù del favor riconosciutogli, il danneggiato può scegliere di agire, anche in momenti diversi, contro uno o più dei condebitori solidali, ciascuno dei quali è tenuto a risarcire l’intero danno subito (art. 1292 c.c.). Al contrario, la soluzione individuata nel citato precedente si risolve in un pregiudizio per lo stesso danneggiato: infatti, l’esercizio dell’azione civile nel procedimento penale contro uno dei danneggianti – disgiuntamente dall’azione risarcitoria in sede civile contro l’altro (e, si badi, le vittime dei reati non erano affatto tenute a invocare la partecipazione del responsabile civile al processo penale, trattandosi di una mera facoltà della parte civile) – finisce con l’impedire una condanna del secondo responsabile a risarcire l’intero danno. Un simile effetto si potrebbe produrre solo in conseguenza dello scioglimento del vincolo di solidarietà o di una remissione del debito (art. 1301 c.c.), ma non risulta alcuna volontà in tal senso da parte dei danneggiati, non ricorre una delle ipotesi normative che trasformano l’obbligazione risarcitoria solidale in obbligazione parziaria e non può essere utilmente invocato nemmeno l’art. 1311 c.c. (invero, non menzionato da alcuna delle parti, né dai giudici di merito), poiché, “in tema di solidarietà passiva, qualora il creditore agisca, ai sensi dell’art. 1292 cod. civ., contro uno qualsiasi dei condebitori solidali, esercita un suo preciso diritto che, però, non può comportare automatica rinuncia del credito nei confronti dell’altro o degli altri condebitori solidali, poiché, diversamente, si contraddirebbe la stessa facoltà di scelta che la citata norma riconosce al creditore ed il diritto del debitore solidale escusso di rivalersi nei riguardi dei suoi condebitori solidali per le quote di rispettiva responsabilità” (così Cass. Sez. 3, 14/07/2006, n. 16125, Rv. 591766-01, che in motivazione spiega: “Anzitutto l’art. 1311 cod. civ. prevede la presunzione di rinunzia alla solidarietà a favore di uno dei debitori solidali… soltanto se il creditore rilasci quietanza “per la parte di lui”, senza riserve per il credito residuo, ovvero se ha agito giudizialmente pro quota, con l’adesione del debitore convenuto, condizioni che indubbiamente esulano dalla fattispecie in esame”)“.
Un ulteriore riprova dell’incongruità della precedente posizione giurisprudenziale viene rintracciata nelle conseguenze paradossali a cui dovrebbe pervenire, ed invero “basti pensare ad un caso in cui il danneggiato ottenga, anziché soltanto una provvisionale, l’intera liquidazione del danno (in sede civile o penale) a carico di uno dei danneggianti tenuti in solido; in caso di incapienza del condannato e, quindi, di mancata percezione del ristoro, al danneggiato resterebbe interamente precluso l’esercizio dell’azione nei confronti di altri responsabili solidali, ancorché solvibili. Nel caso de quo, seguendo l’indicato precedente di legittimità (come ha fatto la Corte d’Appello), i danneggiati (cioè, gli odierni ricorrenti), nonostante l’individuazione di due condebitori tenuti in solido (uno dei quali certamente solvibile), resterebbero privati dell’integrale ristoro del danno in caso di mancato pagamento della provvisionale“.
La Corte non condivide poi: “la qualificazione della provvisionale in termini di acconto (per giunta, iuris et de iure già pagato, stando a Cass. Sez. 3, 24/03/2011, n. 6739); si tratta, infatti, di una condanna parziale e non definitiva al risarcimento del danno, peraltro diversamente quantificabile (in aumento o in diminuzione) nel successivo giudizio civile, come statuito da Cass. Sez. 3, 14/03/2024, n. 6895, Rv. 670403-01, che fa riferimento alla “instabilità della provvisionale – provvedimento inidoneo al giudicato, in quanto caratterizzato da una diuturna ed indefinita provvisorietà, e quindi suscettibile di essere rimesso in discussione “sine tempore” (e anche travolto) in un ordinario giudizio civile”. La provvisionale, dunque, non può essere considerata (a maggior ragione, se non pagata) come un acconto di cui tenere conto al momento della complessiva liquidazione del danno, poiché la sua quantificazione è provvisoria e potrebbe subire aumenti o riduzioni (o persino il suo totale annullamento) nel conseguente giudizio civile. In definitiva, non sussistono valide ragioni per escludere la coesistenza di distinte condanne di ciascuno dei diversi coobbligati solidali a risarcire l’intero pregiudizio subito dal danneggiato“.
Infine il Collegio precisa che: “costituisce un falso problema quello della duplicazione del titolo esecutivo (anch’esso sotteso alla decisione richiamata nella sentenza impugnata) che trova la sua coerente soluzione nelle statuizioni di Cass. Sez. 3, 14/10/2021, n. 28044, Rv. 662577-01 (conforme Cass. Sez. 2, 20/05/2024, n. 13949, Rv. 671693-02), secondo cui “La mancata opposizione a decreto ingiuntivo preclude la deducibilità, con l’opposizione all’esecuzione, di fatti estintivi anteriori alla formazione del giudicato sulla sussistenza del credito, ma non impedisce al condebitore, coobbligato in virtù di titolo esecutivo di formazione giudiziale passato in giudicato nei suoi confronti, di far valere con l’opposizione ex art. 615 c.p.c. l’avvenuta integrale estinzione della pretesa creditoria conseguente al pagamento eseguito da altro soggetto, ancorché prima che il provvedimento monitorio acquisisse carattere di definitività, perché il principio del giudicato ha la funzione di accertare definitivamente l’esistenza e l’ammontare del credito nei confronti di uno o più debitori, ma non quella di consentire al creditore di pretendere molteplici pagamenti da tutti i coobbligati una volta che il credito sia già stato soddisfatto”. In altre parole, anche a voler ipotizzare che il danneggiato azioni (abusivamente) diversi titoli giudiziali ottenuti nei confronti di diversi danneggianti, a ciascuno di questi è dato il rimedio dell’opposizione ex art. 615 c.p.c. (ancorché contro un titolo giudiziale) nonostante il giudicato formatosi sull’entità della sua obbligazione risarcitoria“