La vicenda trae origine dalla nascita di un bambino, affetto dalla sindrome di Apert, che presentava una serie di malformazioni morfologiche, in particolare del cranio. La madre, durante la gravidanza, si era sottoposta ad una serie ripetuta di ecografie che non avevano destato alcuna preoccupazione nei ginecologici, che seguivano la signora, che invece era stata rassicurata circa la normale morfologia del feto. I genitori adivano davanti al Tribunale i medici, accusandoli di non avere saputo diagnosticare la malattia e dunque di avere loro impedito di autodeterminarsi e scegliere se abortire o meno. I due coniugi lamentavano un danno proprio e degli altri figli, conseguente alla malattia del neonato, nonché un danno patrimoniale conseguente alla chiusura del proprio esercizio commerciale, che, in precedenza gestivano, per potersi dedicare al figlio malato.
Il Tribunale, sulla scorta della disposta consulenza tecnica, escludeva la colpa dei due medici, in quanto la sindrome di Aper non era facilmente diagnosticabile, se non attraverso un esame di secondo o terzo livello, cioè più approfondito e specialistico, per il quale non vi erano tuttavia indicazioni. Questa decisione era integralmente confermata dalla Corte di Appello competente.
I genitori ricorrono avanti la Corte di Cassazione evidenziando che la colpa contestata ai sanitari non era soltanto di non avere diagnosticato quella sindrome, ma altresì di non essersi accorti della difformità morfologica del feto, di avere, cioè, rassicurato i genitori della normale morfologia del concepito. Ed invero, se anche si poteva dire che la sindrome non era diagnosticabile, tuttavia lo era la diversa morfologia del feto, che, se appresa per tempo, avrebbe condotto ad esami ulteriori, o di cui comunque i genitori avrebbero dovuto essere informati. Ulteriore profilo di censura riguarda la mancata replica, da parte del CTU e poi del Giudice, alle osservazioni formulate dal CTP nel corso delle operazioni peritali.
La Corte Cassazione (con la recente sentenza n. 7716 del 21 marzo 2024), ha fatto proprie le critiche sollevate, annullando la decisione.
Ed invero si evidenzia che: “qualora il CTU abbia replicato lui agli argomenti del consulente di parte, il giudice può prenderne atto e non deve a sua volta occuparsene, ma qui, per l’appunto, sulla questione, posta dal CTP, nonché dalle stesse parti attrici, della possibilità di avvedersi del difetto morfologico, nessuno ha tenuto conto di quelle osservazioni, ed a quanto risulta neanche il consulente“.
Parimenti si sottolinea che: “i ricorrenti avevano posto la questione della possibilità di accertare il difetto morfologico, e del rilievo che tale accertamento avrebbe potuto avere: avvedersi che il feto aveva dei difetti morfologici avrebbe potuto indurre ad ulteriori indagini, oppure comunque ad informarne i genitori, che avrebbero in tal modo potuto determinarsi diversamente. Emerge chiaramente come i giudici di appello, nell’aderire incondizionatamente alla decisione di primo grado, non abbiano tenuto in alcuna considerazione questo fatto, non solo in quanto tale, ma neanche quale presupposto delle argomentazioni difensive, e di conseguenza lo hanno escluso dalla loro motivazione“.
In ciò si individua l’irrimediabile debolezza della decisione di merito. Ed invero “è principio di diritto che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, consente di censurare, per omesso esame, la sentenza che abbia recepito la consulenza tecnica, ove venga individuato un preciso fatto storico, sottoposto al contraddittorio delle parti, di natura decisiva, che il giudice del merito abbia omesso di considerare. Ma soprattutto risulta evidente il fatto che la domanda su cui hanno deciso era diversa da quella loro posta: non già responsabilità dei medici per la sola omessa diagnosi della sindrome, ma responsabilità dei medici per l’omesso accertamento dei problemi morfologici del neonato“