Si dice che decisivo nel cristianesimo è il fatto che sia stata annunciata la speranza della risurrezione, e che dunque così è nata un’autentica religione della redenzione. Il baricentro cade allora in ciò che è al di là rispetto al limite della morte. E proprio qui io vedo l’errore il pericolo. Redenzione significa allora redenzione dalle preoccupazioni, dalle pene, dalle paure e dalle nostalgie, dal peccato e dalla morte, in un al di là miogliore. Ma sarebbe questo il punto essenziale dell’annuncio di Cristo contenuto nei vangeli e in Paolo? Lo nego. La speranza cristiana della resurrezione si distingue da quelle mitologiche per il fatto che essa rinvia gli uomini alla loro vita sulla terra in modo del tutto nuovo e ancora più forte che nell’Antico Testamento. Il cristiano non ha sempre un’ultima via di fuga dai compiti e dalle difficoltà terrene nell’eterno, come chi crede nei miti della redenzione, ma deve assaporare fino in fondo la vita terrena come ha fatto Cristo («mio Dio, perché mi hai abbandonato?») e solo così facendo il crocifisso e risorto è con lui ed egli è crocifisso e risorto con Cristo. L’aldiquà non deve essere soppresso prematuramente. I miti della redenzione nascono dalle esperienze umane del limite. Cristo invece afferra l’uomo al centro della sua vita (Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e Resa
Individuazione della norma applicabile e non qualificazione giuridica della fattispecie
La questione, affrontata organicamente nella sentenza del 12 novembre 2024 n. 29232, è la seguente: