La Corte di Cassazione, con sentenza n. 8370 del 28 marzo 2024, accoglie il motivo del ricorrente, rilevando che la motivazione della sentenza del giudice di appello era la pressocché testuale riproduzione – al netto di qualche minima, inessenziale, variazione (soprattutto di ordine lessicale) – di quella resa dal primo giudice, denunciando la sottrazione della Corte territoriale al proprio dovere di procedere a uno scrutinio effettivo dei motivi di appello.
Ed invero la Corte precisa che: “la sentenza resa in seconde cure – che sia adesiva rispetto a quella oggetto di appello – può ritenersi legittimamente adottata purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame“.
La Corte di Cassazione ritiene tanto più grave la condotta del Giudice di appello di essersi sottratto al suo dovere decisorio considerando che “il proposto appello mirava a sollecitare una rinnovata valutazione del materiale istruttorio, ovvero quella funzione che costituisce uno degli aspetti nevralgici del giudizio di secondo grado, in un sistema in cui non è consentito a questa Corte di legittimità alcun sindacato sul prudente apprezzamento della prova, e nel quale, pertanto, il controllo sul giudizio di fatto resta affidato all’impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello, che costituisce, come è noto, non un sindacato sull’atto (il provvedimento giurisdizionale di primo grado), ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio”