La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12279 del 6 maggio 2024, ritorna a ribadire la distinzione ontologica tra la perdita anticipata della vita e la mera perdita di chance. Ed invero precisa che: “il danno da perdita anticipata della vita va distinto da quello da perdita di “chance” di (maggiore) sopravvivenza, posto che, se la morte è intervenuta, l’incertezza eventistica, che di quest’ultima costituisce il fondamento logico prim ancora che giuridico, è stata smentita da quell’evento; ne consegue l’inammissibilità della congiunta attribuzione di un risarcimento da “perdita anticipata della vita” e da perdita di “chance” di sopravvivenza, trattandosi di voci di danno logicamente incompatibili, salvo il caso, del tutto eccezionale, in cui si accerti, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità, sulla base dell’eziologica certezza della sua riconducibilità all’errore medico, che, oltre quel tempo già determinato di vita perduta, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo“.
I danni risarcibili poi si modulano differentemente a seconda che la vittima sia già deceduta al momento dell’introduzione del giudizio o che sia ancora in vita.
Nel primo caso agli eredi non potrà essere riconosciuto, né logicamente né giuridicamente, un danno trasmissibile iure successionis per la perdita anticipata della vita non essendo predicabile, nell’attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico, ma semplicemente un danno iure proprio, quale lesione al vincolo parentale derivante dal pregiudizio derivante dal minor tempo vissuto ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito. Ovviamente sarà risarcibile –iure successionis– il danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività e il danno morale da lucida consapevolezza dell’anticipazione della propria morte, subiti dal defunto.
Nel secondo caso (la vittima è ancora vivente al momento della liquidazione del danno), i danni liquidabili corrisponderanno al danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita) ed al danno morale da futura morte anticipata, in questo caso sicuramente predicabile (essendo il paziente ancora in vita) a far data dalla acquisizione della relativa consapevolezza.