A partire dalla sentenza n. 7969/20 della Corte di Cassazione, la giurisprudenza sul danno causato dalla fauna selvatica è cambiata, nel senso che si è passati dalla qualificazione di tale danno in termini di un illecito ex art. 2043 c.c., a quella della fattispecie in termini di danno da custodia di animali, ex art. 2052 c.c., con conseguente diversità dell’onere della prova.
Con la recente sentenza n. 12714 del 9 maggio 2024, la Corte di Cassazione conferma tale nuova posizione affermando che “la responsabilità dell’ente pubblico per il danno causato dalla fauna selvatica è una responsabilità che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, discende dalla omessa custodia dell’animale e non già dalla violazione del generico precetto di non ledere espresso dall’ art. 2043 c.c., e dunque è una responsabilità che va sotto la fattispecie dell’art. 2052 c.c.“.
Con la conseguenza che in tema di distribuzione dell’onere della prova: “il danneggiato deve solo provare il nesso di causa, mentre l’imprevedibilità del fatto e dunque, nella circostanza, l’imprevedibilità dell’attraversamento da parte dell’animale, quale caso fortuito che esclude la responsabilità, deve essere allegato e dimostrato dal danneggiante; allo stesso modo, la prova che il danno si è verificato per una condotta colpevole del danneggiato, ossia la guida imprudente, che è nient’altro che la prova anche essa del caso fortuito, è una prova che grava sul danneggiante“