La Corte di Cassazione da tempo ha indicato come scelta preferibile, per uniformità di adozione su base nazionale, al fine di garantire la parità di trattamento dei danneggiati, e fintanto che manchino criteri indicati dalla legge, che la liquidazione equitativa del danno biologico avvenga sulla base delle tabelle adottate dal Tribunale di Milano e periodicamente da esso aggiornate (https://studiolegalepalisi.com/2024/06/18/la-tabella-di-milano-costituisce-parametro-della-valutazione-equitativa/). Ha anche chiarito che in sede di legittimità, l’allegazione di avvenuta applicazione di una tabella, diversa da quella milanese, non è sufficiente ex se ad inficiare il corretto utilizzo, da parte del giudice, del criterio di liquidazione equitativa, dovendo la correlata denuncia essere accompagnata dall’esposizione delle ragioni che, in concreto, hanno determinato l’incongruo ricorso al criterio in parola.
Ritornando sull’argomento, con la sentenza n. 16924 del 19 giugno 2024, la Corte precisa che: “l’utilizzo di tabelle diverse da quelle milanesi cioè non è in sé precluso, purché non si arrivi a risultanze che si pongano in patente ed ingiustificato contrasto con quelli che sarebbero derivati in caso di applicazione delle tabelle milanesi, ovvero qualora al danneggiato sia riconosciuto senza una idonea giustificazione un importo non compreso nel range previsto dalle tabelle milanesi in uso all’epoca della decisione;
In altri termini, sostanziandosi le tabelle milanesi di liquidazione del danno non patrimoniale in regole integratrici del concetto di equità (atte quindi a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante), le stesse devono ritenersi un mero criterio-guida, e non già una normativa di diritto, con la conseguenza che non comporta violazione dei parametri di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. la liquidazione del danno non patrimoniale operata con riferimento a tabelle diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano, qualora al danneggiato sia riconosciuto un importo corrispondente a quello risultante da queste ultime, restando irrilevante la mancanza di una loro diretta e formale applicazione.
Deriva da ciò che: “il ricorrente, il quale lamenti la mancata applicazione delle Tabelle di Milano, ha l’onere di specificare se e in quale misura l’avvenuta applicazione, nel caso in esame, di tabelle di liquidazione del danno biologico diverse da quelle milanesi abbia determinato una liquidazione del danno per sé meno favorevole“.
Nel caso di specie tale onere non poteva considerarsi assolto, essendosi il ricorrente limitato, da un lato, a dedurre che, al contrario, era stato il Tribunale a non fornire adeguata giustificazione della applicazione di una tabella diversa, dall’altro, a dedurre alquanto apoditticamente che l’applicazione di una tabella diversa avrebbe nella specie comportato la liquidazione di un importo inferiore di oltre 50.000 euro, senza però supportare tale affermazione con la necessaria indicazione delle relative basi di calcolo.
La Corte precisa nel concreto il contenuto del ricorso, il quale deve:
a) anzitutto specificare sulla base di quali dati (percentuale di I.P.; giorni di ITT e di eventuale ITP; valore punto applicato nel primo caso e importi pro die applicati nel secondo; eventuale personalizzazione del danno; eventuale riconoscimento e liquidazione del danno morale) il calcolo del risarcimento spettante era stato operato dal primo giudice;
b) quindi precisare secondo quali criteri di calcolo il Tribunale era giunto alla quantificazione degli importi;
c) porre a raffronto tale calcolo con quello che, sulla base dei medesimi dati, sarebbe stato possibile operare secondo le Tabelle di Milano;