La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18308 del 4 luglio 2024, precisa che: “qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione“.
Nel caso posto alla valutazione della Corte di Cassazione, il precedente giudice di merito, rilevata la necessità della rinnovazione della consulenza (“anche alla luce dei successivi ed ultimi approfondimenti sollecitati dai consulenti di parte intervenuti“), si era limitato ad affermare che: “le risultanze della consulenza tecnica collegiale disposta nel presente grado hanno consentito di chiarire e superare quelle che, a parere di questa Corte, erano le criticità ed i dubbi del primo elaborato peritale, e dunque ritenendone di condividere le conclusioni, deve essere integralmente rivista la decisione impugnata che sulle prime aveva fondato il suo convincimento“.
La Corte di Cassazione giustamente rileva che non sono state però indicate in sentenza le criticità ed i dubbi del primo elaborato peritale, così non consentendo di comprendere perché la CTU disposta in appello avesse consentito di chiarirli e superarli. Ed invero: “non risultano così indicate le ragioni per cui la Corte d’Appello ha ritenuto di disattendere le conclusioni del primo consulente, non potendo il generico richiamo a dubbi e criticità colmare tale lacuna. Né dal contesto della motivazione risulta che le conclusioni della prima consulenza siano state criticamente esaminate dalla nuova relazione. Resta così un’apparenza di motivazione circa la preferenza della seconda consulenza rispetto alla prima, non in grado di rendere percepibile sul punto la ratio decidendi, la quale, per ipotesi, sulla base di un diverso giudizio di fatto, illustrato in sede motivazionale, avrebbe potuto anche essere di segno diverso, e cioè propendere per la CTU disposta in primo grado“.