L’incidente lungo una pista di motocross

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17942 del 28 giugno 2014, conferma la decisione della Corte di Appello di Venezia che aveva negato la responsabilità, in capo ad un’associazione sportiva (nell’ambito del motocross), sia con riguardo all’art. 2043 c.c., non essendosi ravvisata la colpa specifica della stessa (posto che non è stato rinvenuto un onere di manutenzione della pista tale da eliminare i sassi da essa affioranti), sia con riguardo all’art. 2051 c.c., essendosi ascritto l’incidente a caso fortuito.

In ordine al primo profilo, la Corte di Cassazione rileva in primo luogo che l’art. 4 della Normativa Nazionale Omologazione Impianti Sportivi – Sezione Motocross, invocato dal danneggiato, non configura affatto il contenuto dell’obbligo di manutenzione della pista da motocross, ma detta soltanto le condizioni che devono osservarsi affinché il circuito possa essere omologato dalla Federazione, richiedendosi in particolare che non si faccia ricorso ad elementi non naturali (quali ad es., cemento, catrame, ecc.). In altre parole, spiega la Corte: “la disposizione regolamentare vuole solo impedire che, lungo il percorso della pista da motocross, l’utente possa imbattersi in opere, manufatti, ecc., creati dall’uomo e dunque esulanti dal contesto fuoristradistico. Ciò, evidentemente, in piena sintonia con lo sport cui il circuito omologando è destinato, caratterizzato dall’uso di potenti ed agili motocicli, dotati di speciali gomme tassellate e ampia escursione degli ammortizzatori, in grado di affrontare efficacemente e velocemente le asperità del terreno e le difficoltà connesse (salti, curve, avvallamenti, ecc.); si tratta, come è noto, di uno sport fuoristradistico, la cui essenza – se confinata in un circuito all’uopo predisposto – consiste proprio nell’affrontare nel più breve tempo possibile il perimetro del circuito stesso, le cui caratteristiche il pilota deve sfruttare, con abilità, per sopravanzare i concorrenti (per meglio intendersi: il tratto di circuito percorso durante un salto consente al pilota di coprire una data lunghezza molto più velocemente che la si percorresse senza effettuare il salto stesso); ma la questione non cambia affatto in relazione ad un utilizzo del circuito non agonistico (non finalizzato, cioè, all’espletamento di una gara, ma solo per allenamento od altra causa di diporto, come avvenuto nella specie)“.

Risulta dunque evidente che l’utilizzo del circuito da parte del motociclista richiede: “apprezzabile perizia, trattandosi comunque di uno sport motoristico, di per sé pericoloso, svolto in ambiente naturaliter accidentato, destinato a continui mutamenti, giro dopo giro, per effetto dell’intenso lavoro cui il circuito è sottoposto dall’azione dei motocicli, anche in ragione della tassellatura delle gomme di cui essi sono dotati. La presenza di sassi o asperità varie sul percorso, dunque, fa parte del gioco, fatte salve situazioni che, in relazione alle cennate caratteristiche dello sport di cui si discute, si presentino come obiettivamente eccezionali e/o imprevedibili secondo quanto normalmente atteso da un manufatto di questa specie (si ipotizzi un ostacolo così rilevante, su un circuito da motocross, da non poter essere superato o affrontato da una moto da cross, ma solo, ad es., da una moto trial). Quanto precede, fermo l’obbligo del gestore di schermare opportunamente ostacoli disseminati lungo il circuito, quali quelli indicati dall’art. 4.11 del Regolamento, mediante balle di paglia o materiale assorbente gli urti“.

Nell’esame della responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2051 c.c., collegata all’esercizio sportivo non professionistico, la Corte ritiene che non possa prescindersi dall’accettazione del rischio da parte dell’utente, connaturato al tipo di sport praticato, rilevando che:  “in tema di sport amatoriale, pur implicante attività agonistica, la consapevolezza del rischio di chi vi partecipa volontariamente riduce la soglia di responsabilità dei custodi del bene sul quale viene svolta la competizione, i quali sono tenuti ad attenersi alle normali cautele idonee a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, ove esso, per le sue intrinseche caratteristiche, non sia più elevato che nella media” (cfr. Cass. Civ. 18 febbraio 2020 n.3997) o ancora che : “La responsabilità ex art. 2051 c.c. del gestore di piste da sci alpino presuppone la sussistenza di un nesso causale tra la caduta dello sciatore danneggiato e la presenza di un pericolo “atipico” sulla pista, da intendersi come ostacolo difficilmente visibile e, pertanto, non facilmente evitabile anche da parte di uno sciatore diligente” (cfr. Cass. Civ. 19 maggio 2022 n.16223).

A fronte di ciò la Corte conclude che: “in caso di sinistro verificatosi su una pista da motocross, l’eziologia richiesta dall’art. 2051 c.c.  – in relazione all’onere di custodia gravante sul gestore del circuito ed all’accertamento della sua connessa responsabilità – deve parametrarsi rispetto ad un pericolo “atipico”, non facilmente evitabile anche da parte di un pilota sufficientemente esperto, restando relegato nella ordinaria casualità ogni altro evento rapportabile al pericolo “normale” o “tipico” correlato allo sport motoristico in parola“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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