Il Giudice di merito limitava l’accudimento personale, necessitato dalla vittima paraplegica, con il conseguente ridimensionamento della liquidazione del corrispondente danno patrimoniale, imposto dall’esigenza di un’adeguata assistenza personale, ad appena quattro ore giornaliere, a fronte dell’evidente necessità di un’assistenza personale estesa a un ben più ampio arco temporale giornaliero, senza considerare le prevedibili conseguenze derivanti, sul punto, dall’auspicata emancipazione del giovane dall’assistenza domestica materna.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20661 del 24 luglio 2024, censura la decisione, osservando come: “i giudici di merito abbiano determinato il danno patrimoniale derivante a carico del St.Sa. in correlazione alle relative esigenze di assistenza personale (si tratta di un ragazzo paraplegico con invalidità all’85%) muovendo dalla distinzione di una prima fase, in cui avrebbe assunto valore decisivo il volontario apporto assistenziale della madre, e una fase successiva in cui la madre avrebbe dovuto essere necessariamente sostituita da terzi“.
Osserva il Collegio come: “assuma un rilievo decisivo il riconoscimento del carattere illogico della motivazione, apparendo del tutto apodittico ritenere inesistente un danno patrimoniale in conseguenza del fatto che la madre del ragazzo paraplegico apporti un volontario contributo assistenziale, così come arbitraria – o non adeguatamente supportata sul piano argomentativo – l’affermazione secondo cui un ragazzo paraplegico con invalidità all’85% avrebbe bisogno di solo quattro ore al giorno di assistenza e accudimento“;
Appaiono dunque violati i principi di cui all’art. 2729 c.c. nella misura in cui: “il giudice a quo risulta aver gestito il valore rappresentativo delle presunzioni in maniera palesemente infedele rispetto alla necessità della loro gravità, precisione e concordanza, dovendo ancora una volta ritenersi come il fatto noto di ‘disporre dell’apporto assistenziale volontario della madre non giustifichi affatto l’inferenza del fatto ignoto ‘assenza di danno’; così come il fatto noto ”invalidità pari all’85%’ non giustifica affatto l’inferenza del fatto ignoto ‘necessità di quattro ore giornaliere di assistenza e accudimento“