L’onere probatorio del medico

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22996 del 21 agosto 2024, censura la Corte di Appello di Torino, avendo erroneamente sovrapposto la prova di aver diligentemente adempiuto la prestazione medica con la probabilità statistica dell’errore nell’accertamento diagnostico tale da non consentire di ritenere ragionevolmente esigibile una diversa diligenza .

Con riferimento alle fattispecie di inadempimento delle obbligazioni professionali è noto infatti che è onere del creditore-attore dimostrare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del professionista è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, la causa del danno lamentato (Cass. 7 dicembre 2017, 29315; Cass. 15 febbraio 2018, n. 3704; Cass. 20 agosto 2018, n. 20812), mentre è onere del debitore dimostrare, in alternativa all’esatto adempimento, l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza (Cass. 26 luglio 2017, n. 18392; Cass. 23 ottobre 2018, n.26700; Cass. 24 maggio 2019, n. 14335; Cass. 29 ottobre 2019, n. 27606 e Cass. 11 novembre 2019 n. 28991).

Di conseguenza, se resta ignota la causa dell’evento dannoso (e cioè se il creditore non riesce a provare, neanche attraverso presunzioni, che l’evento dannoso – l’aggravamento della patologia preesistente o l’insorgenza di una nuova patologia – sia in nesso causale con la condotta del sanitario), le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul creditore medesimo, che ne aveva il relativo onere; se, invece, resta ignota la causa di impossibilità sopravvenuta della diligenza professionale (ovvero, come detto, resta indimostrata l’imprevedibilità o l’inevitabilità di tale causa di impossibilità), le conseguenze sfavorevoli ricadono sul debitore. (Cass. 11 novembre 2019, n. 28991; Cass. 31 agosto 2020, n. 18102; Cass. 26 novembre 2020 n. 26907; Cass. 29 marzo 2022, n. 10050).

La Corte nella controversia in esame precisa che: “ove si richiede il risarcimento dei danni e gli attori, odierni ricorrenti, fanno valere la responsabilità dei medici e della struttura sanitaria per i danni derivati loro da quanto riportato nella annotazione contenuta nei referti della duplice ecografia morfologica effettuata (…) i danneggiati sono tenuti a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale intercorrente tra la condotta dei medici e l’evento dannoso, consistente nella lesione della salute e nelle altre lesioni ad essa connesse (nella specie, il diritto ad essere informati della nascita di una figlia malformata); viceversa, è onere dei convenuti, ove il predetto nesso di causalità materiale sia stato dimostrato, provare o di avere eseguito la prestazione con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, o che l’inadempimento (ovvero l’adempimento inesatto) è dipeso dall’impossibilità di eseguirla esattamente per causa ad essi non imputabile (Cass. 26 novembre 2020, n. 26907)“.

Orbene: “nella concreta fattispecie, dovendosi ritenere dimostrata, secondo i criteri presuntivi indicati, la relazione di causalità tra l’intervento sanitario praticato alla paziente (referti ecografici, tutti e due, attestanti la visualizzazione con caratteristiche nella norma, tra l’altro, le ossa lunghe degli arti inferiori, mani e piedi) e il successivo evento (nascita di una bimba affetta da molteplici malformazioni: agenesia della gamba dx, ipoplasie degli arti e brachidattilia di entrambe le mani e del piede sx), in applicazione dei suindicati criteri di riparto dell’onere della prova, sarebbe spettato ai medici e alla struttura sanitaria dimostrare che la prestazione era stata eseguita con la dovuta diligenza professionale, e che l’evento di danno si era verificato per una causa non a loro imputabile. In altre parole, una volta emerso e provato, sul piano presuntivo, il nesso causale tra l’intervento sanitario e l’evento dannoso, come allegato e provato dai ricorrenti, ai professionisti e alla struttura sanitaria spettava dimostrare l’esatto adempimento, provando, in ossequio al parametro della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c., di avere eseguito le ecografie morfologiche in modo corretto, attenendosi, alle regole tecniche proprie della professione esercitata.

A tale proposito: “a prescindere dalla elevata probabilità che le malformazioni scheletriche sfuggano ad un’indagine ecografica di primo livello in una percentuale elevata di casi – (elevata probabilità dipendente dalla insindacabile valutazione delle risultanze istruttorie – esiti della CTU – operata dalla Corte territoriale, di esclusiva spettanza del giudice del merito) appare, dunque, errata in diritto la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria laddove ha ritenuto la condotta dei medici in concreto tenuta come non integrante ipotesi di responsabilità, pur in assenza della prova da parte dei medesimi, in ossequio al combinato disposto di cui agli artt. 1176,1218 e 2236 cod. civ., dell’essere tale esito dovuto a causa a loro non imputabile. Al riguardo, in violazione di tale regola, la Corte di merito ha infatti rigettato la domanda sul rilievo, vuoi della non agevole rilevabilità delle malformazioni, vuoi della elevata probabilità statistica dell’esito errato dell’accertamento diagnostico, senza considerare che l’incertezza del risultato di una indagine, come quella di specie, destinata specificatamente alla ricerca di eventuali malformazioni fetali degli arti secondo le linee guida, non comporta necessariamente che la medesima sia particolarmente difficile, e che, soprattutto, detta probabilità statistica di insuccesso possa esaurire l’accertamento in ordine alla diligenza richiesta ai sanitari e supplire all’onere di questi ultimi di fornire elementi probatori idonei a dimostrare che la condotta negligente, imprudente ed imperita loro addebitata non sia stata da loro posta in essere (Cass. 28 maggio 2004 n. 10297; Cass. 19 aprile 2006 n. 9085). Anzi, proprio le probabilità statistiche segnalate dalla Corte di merito avrebbero eventualmente dovuto indurre i sanitari a darne conto alla paziente, ad attivarsi per un approfondimento della situazione, prospettando, se del caso, l’esigenza di sottoporsi ad ulteriori e più adeguati esami“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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