La Corte di Cassazione è chiamata nuovamente a correggere le originali ed infondate decisioni dei giudici di merito che immotivatamente ed ingiustificatamente tentano di restringere il perimetro dei soggetti legittimati al risarcimento della lesione del vincolo parentale. Questa volta tocca ai fratelli.
La Corte di Appello di Venezia aveva rigettato la richiesta dei fratelli del defunto ritenendo che gli stessi non avessero offerto prova adeguata a valutare il rapporto affettivo con quello deceduto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26185 del 7 ottobre 2024, è costretta a rammentare, per l’ennesima volta, che: “secondo consolidato indirizzo, in tema di liquidazione equitativa del danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui si tratti di congiunti appartenenti alla cd. famiglia nucleare (e cioè coniugi, genitori, figli, fratelli e sorelle) la perdita di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto può essere presunta in base alla loro appartenenza al medesimo “nucleo familiare minimo”, nell’ambito del quale l’effettività di detti rapporti costituisce tuttora la regola, nell’attuale società, in base all’id quod plerumque accidit, fatta salva la prova contraria – anche presuntiva – da parte del convenuto (Cass. 15/02/2018, n. 3767, Rv. 648035; 11/11/2019, n. 28989; 14/10/2019, n. 25774; 21/03/2022, n. 9010, Rv. 664554)“.
Da tale principio si è evidentemente ed indebitamente discostata la sentenza impugnata per aver negato il risarcimento ai fratelli della vittima: “totalmente obliterando il valore presuntivo ascrivibile ex se allo stretto vincolo formale di parentela che li legava alla vittima, in mancanza di alcuna allegazione o emergenza contraria idonea a far venir meno la presunzione di fatto da esso derivante“