E’ stato progressivamente chiarito, in giurisprudenza, il principio per cui nel rapporto interno tra la struttura sanitaria e il medico di cui quella si sia avvalsa, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo dev’essere di regola ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, secondo comma, e 2055, terzo comma, cod. civ.. La Corte di Cassazione, con la sentenza del 7 novembre 2024 n.28642, conferma tale indirizzo, precisando che: “la struttura accetta il rischio connaturato all’utilizzazione di terzi per l’adempimento della propria obbligazione contrattuale, a meno che dimostri un’eccezionale, inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile, e oggettivamente improbabile, devianza del sanitario dal programma condiviso di tutela della salute che è oggetto dell’obbligazione (Cass., 11/11/2019, n. 28987). In caso di accertata responsabilità derivante esclusivamente dalla carente esecuzione della prestazione del professionista (e non anche da carenze organizzative della struttura sanitaria) la struttura sanitaria può agire quindi in rivalsa nei confronti del medico ritenuto responsabile, ma non per l’intero importo, bensì fino ad un massimo del 50% perché si considera che l’errore medico sia riconducibile in parte – appunto nella misura del 50% – al rischio di impresa, e come tale in questa percentuale deve rimanere a carico della struttura sanitaria all’interno della quale questi ha svolto la sua attività“.
E’ possibile derogare a tale regola di ripartizione interna della responsabilità: “soltanto nei casi in cui la responsabilità del medico debba essere considerata assorbente, con ciò intendendo far riferimento non alle ipotesi di gravi manchevolezze nell’esecuzione delle prestazioni professionali quanto a un comportamento fuori dall’ordinario, soggettivamente imprevedibile e oggettivamente improbabile e come tale scisso da ogni possibilità di controllo e prevenzione da parte della struttura e di conseguenza non addebitabile nella sue conseguenze economiche, neppure in parte, alla struttura sanitaria (V. in proposito Cass. n. 29001 del 2021, che richiama Cass. n. 28987 del 2019: “In tema di responsabilità medica, nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, la responsabilità della struttura sanitaria, integra, ai sensi dell’art.1228 c.c., una fattispecie di responsabilità diretta per fatto proprio, fondata sull’elemento soggettivo dell’ausiliario, la quale trova fondamento nell’assunzione del rischio per i danni che al creditore possono derivare dall’utilizzazione di terzi nell’adempimento della propria obbligazione contrattuale, e che deve essere distinta dalla responsabilità indiretta per fatto altrui, di natura oggettiva, in base alla quale l’imprenditore risponde, per i fatti dei propri dipendenti, a norma dell’art. 2049 c.c.; pertanto, nel rapporto interno tra la struttura e il medico, la responsabilità per i danni cagionati da colpa esclusiva di quest’ultimo deve essere ripartita in misura paritaria secondo il criterio presuntivo degli artt. 1298, comma 2, e 2055, comma 3, c.c., atteso che, diversamente opinando, la concessione di un diritto di regresso integrale ridurrebbe il rischio di impresa, assunto dalla struttura, al solo rischio di insolvibilità del medico convenuto con l’azione di rivalsa, e salvo che, nel relativo giudizio, la struttura dimostri, oltre alla colpa esclusiva del medico rispetto allo specifico evento di danno sofferto dal paziente, da un lato, la derivazione causale di quell’evento da una condotta del sanitario del tutto dissonante rispetto al piano dell’ordinaria prestazione dei servizi di spedalità e, dall’altro, l’evidenza di un difetto di correlate trascuratezze, da parte sua, nell’adempimento del relativo contratto, comprensive di omissioni di controlli atti ad evitare rischi dei propri incaricati.”; il principio è stato poi confermato da Cass. n. 34516 del 2023, in riferimento ad una ipotesi di parziale esternalizzazione della logistica e di alcuni servizi assistenziali da parte della clinica).
Nel caso di specie, in mancanza della prova, gravante sulla struttura sanitaria, in ordine all’assorbente responsabilità del medico intesa non solo come grave, ma anche come straordinaria, soggettivamente imprevedibile ed oggettivamente improbabile malpractice, deve farsi applicazione del principio presuntivo di cui sono speculare espressione gli artt. 1298 secondo comma e 2055 terzo comma c.c. L’accertamento effettuato dalla Corte d’appello, nel caso di specie, non è stato finalizzato ad accertare l’esistenza o meno di un tale tipo di comportamento anomalo in capo al medico, unica possibile giustificazione per un esercizio della rivalsa oltre il limite del 50%, ma si é limitato a constatare da un lato l’esistenza e la gravità dell’errore medico e dall’altro l’assenza di ogni il deficit organizzativo avente un concorso causale nel danno da parte della struttura. Il contenuto della valutazione in concreto effettuata non è quindi completo né pertinente con quello richiesto per giungere all’accoglimento dell’azione di rivalsa in misura integrale e non può idoneamente supportare la decisione in tal senso