In tema di responsabilità professionale dell’avvocato la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha in più occasioni ribadito, con un orientamento ormai consolidato, che la valutazione sull’esistenza di una colpa professionale deve essere compiuta, con un giudizio ex ante, sulla base di una valutazione prognostica della possibile utilità dell’iniziativa intrapresa o omessa, non potendo comunque l’avvocato garantirne l’esito favorevole. Questo principio è stato affermato per lo più in relazione alla responsabilità omissiva, cioè quando si deve valutare la conseguenza dannosa, per il cliente, derivante da un’attività processuale che poteva essere compiuta e non è stata compiuta (cfr. Cass. Civ. 24 ottobre 2017 n. 25112; Cass. Civ. 19 gennaio 2024 n. 2109; 6 settembre 2024, n. 24007: https://studiolegalepalisi.com/2024/09/16/responsabilita-dellavvocato-oneri-probatori/).
Con la sentenza del 12 novembre 2024 n. 29194, la Corte precisa che: “tale giudizio si svolge, seguendo le regole causali in materia di responsabilità civile, secondo il principio del più probabile che non, in base al quale può ritenersi, in assenza di fattori alternativi, che l’omissione da parte del difensore abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno. Si è detto, in particolare, che in questa materia occorre distinguere fra l’omissione di condotte che, se tenute, sarebbero valse ad evitare l’evento dannoso, dall’omissione di condotte che, viceversa, avrebbero prodotto un vantaggio. In entrambi i casi possono ricorrere gli estremi per la responsabilità civile, ma nella prima ipotesi l’evento dannoso si è effettivamente verificato, quale conseguenza dell’omissione; nell’altra, il danno (che, se patrimoniale, sarebbe da lucro cessante) deve costituire oggetto di un accertamento prognostico, dato che il vantaggio patrimoniale che il danneggiato avrebbe tratto dalla condotta altrui, che invece è stata omessa, non si è realmente verificato e non può essere empiricamente accertato (così la citata sentenza n. 25112 del 2017, testualmente ripresa dalla successiva ordinanza 30 aprile 2018, n. 10320)“.
Nel caso in esame “la Corte d’Appello era chiamata a valutare se la tardiva notifica del ricorso in riassunzione fosse o meno fonte di responsabilità a carico degli avvocati e, per fare questo, doveva necessariamente ripercorrere l’iter del giudizio concluso con la sentenza di estinzione emessa dal Tribunale di Latina e passata in giudicato. I difensori convenuti nel giudizio di responsabilità avevano prospettato a propria difesa che la riassunzione fosse avvenuta tempestivamente e che, pertanto, non si poteva configurare un errore determinato da negligenza professionale, posto che il completamento del procedimento di riassunzione era destinato necessariamente a perfezionarsi dopo la scadenza del termine fissato dalla legge. La Corte d’Appello ha accertato che il deposito del ricorso in riassunzione era stato tempestivo (e non ci sono contestazioni su questo punto) e che c’era stato un errore di notifica verso la società assicuratrice, ma non verso gli altri (litisconsorti necessari); per cui il giudice avrebbe dovuto dare termine per il rinnovo, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ., sulla base della citata sentenza delle Sezioni Unite n. 14854 del 2006. La quale pronuncia ora richiamata non era ancora venuta ad esistenza al tempo della decisione di estinzione, ma vi era in argomento un contrasto giurisprudenziale – correttamente richiamato dalla Corte napoletana – sfociato poi nella decisione delle Sezioni Unite di composizione del contrasto medesimo. E tanto basta ad escludere l’errore professionale. Tale ricostruzione viene a significare che la sentenza di estinzione determinata dal presunto errore professionale avrebbe potuto (e dovuto) essere impugnata, mentre la cliente., per ragioni ignote, decise di fare acquiescenza alla stessa, preferendo promuovere un’infondata azione di responsabilità nei confronti dei difensori“