La Corte di Appello aveva rifiutato il rimborso delle spese future, quale componente del danno patrimoniale, necessarie per la cura e l’assistenza di un macroleso, riconosciute invece dal Tribunale, rilevando che, in assenza di documentazione dell’avvenuta esborso precedente, non era possibile liquidare alcunché e che la mancanza di tale prova rendeva probabile che anche le spese future fossero inesistenti.
La questione viene quindi posta all’attenzione della Corte di Cassazione, che con la sentenza del 26 novembre 2024 n.30458, accoglie il gravame presentato dal danneggiato avverso la precedente sentenza di merito, rilevando che “la questione della stima equitativa è mal posta dai giudici di merito, poiché, è vero, in astratto, che essa presuppone che il danno sia dimostrato, ossia che venga provato che si è verificato, salva la difficoltà di stimarlo. Ma è altresì vero che, trattandosi di spese future, la prova non può essere pretesa come diretta, fornita da fatture o ricevute o altro, ma deve per forza essere presuntiva. È principio di diritto che la presunzione, nel caso di menomazioni cosi gravi, si basa su una massima di esperienza e che la pretesa che si predispongano prove si traduce nella “contabilizzazione” della vita stessa, “inesigibile soprattutto da parte di chi abbia altre preoccupazioni ben più incombenti di quella costituita dalla imputazione di ogni singola erogazione di denaro, tra l’altro non sempre documentabile e non sempre univocamente collegabile alla situazione che la abbia provocata (Cass. 8827/ 2003)“
La Corte precisa poi che: “la motivazione fornita dai giudici di merito è apparente poiché non si attaglia al caso concreto, dove è richiesta la liquidazione di spese future e non solo e non tanto passate, con conseguente diverso ambito probatorio. Per altro verso, la decisione impugnata non tiene conto del fatto che la prova del danno può essere fornita da massime di esperienza e da elementi presuntivi dedotti dalla sua gravità. Con conseguente, poi, ammissibilità della stima equitativa“.