L’ipotesi di pregiudizialità del giudizio penale sul giudizio civile

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Con la sentenza del 4 dicembre 2024 n. 31115, la Corte di Cassazione ribadisce il principio secondo cui: “la sospensione necessaria del processo civile, ai sensi degli artt. 295 cod. proc. civ., 651, 654 cod. proc. pen. e 211 disp. att. cod. proc. pen., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile, e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perché si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto dell’imputazione penale (Cass. 03/07/2009, n. 15641; Cass. 16/03/2017, n. 6834; Cass. 15/07/2019, n. 18918; Cass. 01/06/2021, n. 15248); pertanto, la sola circostanza che sia stata proposta domanda civile risarcitoria per i medesimi fatti oggetto del processo penale, non è sufficiente per la sussistenza di un rapporto di pregiudizialità, anche avuto riguardo al principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui tra il giudizio penale e il giudizio civile risarcitorio sussiste piena e reciproca autonomia, atteso, sotto il profilo sostanziale, che il giudice civile è tenuto a verificare l’integrazione della fattispecie atipica di cui all’art. 2043 cod. civ., e non già la ricorrenza di quella tipica contemplata dalla norma incriminatrice penale (Corte cost. nn. 182 del 2021 e 173 del 2022; Cass. 15/10/2019, n. 25918; Cass. 13/01/2021, n. 457; Cass. 21/03/2022, n. 8997; Cass. 18/10/2022, n. 30496; Cass. 03/02/2023, n. 3368; Cass. 31/01/2024, n. 2879; Cass. 15/03/2024, n. 7094); e considerato, sul piano processuale, che nei due giudizi trovano applicazione diversi criteri di giudizio e diverse regole probatorie, con particolare riferimento alle regole di funzione dell’accertamento del nesso causale (Cass. 12/06/2019, n. 15859; Cass. civ., Sez. 3, 18/10/2022, n. 30496, cit.)“;

Più complessa appare la verifica della sussistenza, o meno, delle condizioni che giustificano la sospensione del giudizio civile risarcitorio introdotto in pendenza di quello penale in cui vi sia stata la costituzione di parte civile o l’emissione della sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 75, comma 3, cod. proc. pen.. Nel caso di specie queste condizioni sembrerebbero sussistenti nella fattispecie, in quanto il danneggiato ha esercitato l’azione civile dopo essersi costituito parte civile nel processo penale e dopo l’emissione della sentenza penale di primo grado, la quale ha condannato in via generica al risarcimento del danno in suo favore, in solido tra loro, sia l’imputato sia la responsabile civile, senza dunque che vi sia stata revoca della costituzione di parte civile e senza che vi sia stata esclusione di essa o del responsabile civile. Tutavia la Corte rileva che: “l’apparenza della sussistenza, nel caso in esame, delle condizioni per la sospensione del processo civile, ai sensi dell’art. 75, comma 3, cod. proc. pen., si rivela, però, fallace se si consideri la diversità delle domande risarcitorie proposte in sede penale e in sede civile, alla stregua dei comuni canoni di identificazione delle azioni; infatti, mentre sul piano soggettivo vi è piena coincidenza tra le parti delle due domande, avendo il danneggiato proposto la domanda, sia in sede civile che in sede penale, nei confronti dell’imputato e del responsabile civile (talché non trova applicazione il principio – ripetutamente affermato da questa Corte, anche nel suo massimo consesso – che esclude l’applicazione della norma in esame quando il danneggiato agisca in sede civile non solo contro l’imputato, ma anche contro altri coobbligati al risarcimento, non citati in sede penale: Cass. n. 6185 del 2009, n. 17608 del 2013, n. 9066 del 2020, Sez. Un. n. 13661 del 2019), invece, sul piano oggettivo, le domande risarcitorie formulate nei due giudizi – e sulle quali il giudice penale e il giudice civile sono rispettivamente chiamati a provvedere – appaiono differenti, così escludendosi la possibilità di far luogo alla sospensione del processo civile in attesa della sentenza penale definitiva“.

Ed invero: “nell’ipotesi in cui la domanda risarcitoria venga proposta con la costituzione di parte civile nel processo penale, i rapporti tra azione civile e poteri cognitivi del giudice penale sono informati (in ciò non differenziandosi il sistema accolto nel codice di rito penale vigente da quello del codice del 1930), al principio dell'”accessorietà” dell’azione civile rispetto a quella penale; principio che trova fondamento “nelle esigenze, di interesse pubblico, connesse all’accertamento dei reati e alla rapida definizione dei processi”, e che ha quale naturale implicazione quella per cui l’azione civile, ove esercitata all’interno del processo penale, “è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura” di questo processo (Corte cost. sentenze n. 12 del 2016, n. 176 del 2019, n. 182 del 2021, n. 173 del 2022); il principio di “accessorietà” trova la sua principale espressione nella regola secondo la quale il giudice penale “decide” sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta con la costituzione di parte civile “quando pronuncia sentenza di condanna” (art. 538, comma 1, cod. proc. pen.); la condanna penale, dunque, costituisce – di norma e salve le eccezioni previste dalla legge: artt. 131-bis cod. pen.; artt. 576,578,622 cod. proc. pen. – il presupposto indispensabile del provvedimento del giudice sulla domanda civile: se emette sentenza di proscioglimento, tanto in rito (sentenza di non doversi procedere: artt. 529 e 531 cod. proc. pen.) quanto nel merito (sentenza di assoluzione: art. 530 cod. proc. pen.), il giudice non deve provvedere sulla domanda civile; se invece emette sentenza di condanna (art. 533 cod. proc. pen.), provvede altresì sulla domanda restitutoria o risarcitoria, accogliendola o rigettandola“.

Nella fattispecie in esame, il giudice penale ha emesso sentenza di condanna esclusivamente per il reato di omicidio colposo commesso in danno di altro soggetto (coniuge del danneggiato), mentre ha emesso sentenza di proscioglimento (sub specie di sentenza di non doversi procedere per difetto di una condizione di procedibilità: art. 529 cod. proc. pen.) per il reato di lesioni personali colpose commesso in danno del medesimo. Pertanto, il giudice penale ha provveduto solo sulla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in via riflessa dal danneggiato (marito della vittima), mentre non ha provveduto (stante il proscioglimento penale) sulla domanda di risarcimento dei danni patiti in via diretta dallo stesso in conseguenza del reato di lesioni colpose commesso ai suoi danni. Ed invero il medesimo si era costituito parte civile nel processo penale in relazione all’imputazione originaria di omicidio colposo, non anche in relazione all’imputazione successiva (seguita alla modifica operata dal pubblico ministero in ragione dell’esito del giudizio abbreviato celebrato a suo carico) di lesioni personali colpose. Il danneggiato, dunque, aveva esercitato l’azione civile in sede penale unicamente per i danni derivanti dal reato di omicidio colposo e su tale domanda il giudice penale ha debitamente provveduto, ai sensi dell’art. 538, comma 1, cod. proc. pen., con la sentenza di condanna; nel processo penale non era stata invece proposta domanda risarcitoria con riferimento ai danni derivanti dal reato di lesioni (reato per il quale il danneggiato non aveva neppure proposto querela) né – come si è sopra osservato – su tale domanda il giudice penale ha potuto provvedere, stante l’emissione della sentenza di proscioglimento. La domanda di risarcimento dei pregiudizi conseguenti alle lesioni è stata invece proposta dal danneggiato nel successivo giudizio civile e ciò trova conferma nel contenuto dell’atto introduttivo di tale giudizio, in cui la causa petendi e il petitum della pretesa azionata risultano chiaramente circoscritti in relazione alle conseguenze dannose del contegno criminoso del convenuto subìte dall’attore in via diretta (con particolare riguardo al danno alla persona consistente nelle implicazioni dell’inabilità temporanea e permanente residuata all’esito dell’incidente automobilistico) e non si estendono ai danni riflessi, patiti per effetto della morte del coniuge. Il rilievo che la costituzione di parte civile fosse stata effettuata per il soddisfacimento di una pretesa risarcitoria (relativa al danno da omicidio colposo) diversa da quella azionata in sede civile induce ad escludere la sussistenza della prima ipotesi prevista dall’art. 75, comma 3, cod. proc. pen., ai fini della sospensione del processo civile in attesa della definizione di quello penale, non potendo reputarsi che l’azione (per il risarcimento del danno da lesioni) sia stata proposta in sede civile “dopo la costituzione di parte civile nel processo penale”; per altro verso, il rilievo che la pronuncia di proscioglimento per le lesioni, in quanto pronuncia favorevole all’imputato, non sia stata attinta dall’appello da lui proposto avverso la sentenza penale, induce a reputare irrilevante la circostanza che il giudizio civile sia stato introdotto “dopo la sentenza penale di primo grado” (circostanza in cui si concreterebbe la seconda ipotesi prevista dalla norma in esame ai fini della sospensione del processo civile), atteso che su tale capo della sentenza penale può già reputarsi sceso il giudicato. In definitiva deve escludersi, anche ai sensi dell’art. 75, comma 3, cod. proc. pen., la sussistenza delle condizioni per la sospensione del processo civile.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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