La finalità dell’intervento normativo, in ordine alla redazione della Tabella Unica Nazionale (TUN), è individuata dall’art. 138 C.d.A. nel duplice obiettivo:
- di “garantire il diritto delle vittime […] a un pieno risarcimento del danno non patrimoniale effettivamente subìto”;
- di “razionalizzare i costi gravanti sul sistema assicurativo e sui consumatori”
Tuttavia il Consiglio di Stato, chiamato per la seconda volta ad esprime il proprio parare sulla tabella, con provvedimento n. 1282 del 15 ottobre 2024, precisa che, sebbene tali obiettivi siano concorrenti e tali da prefigurare un necessario e ragionevole bilanciamento, essi non si collocano sul medesimo piano.
Ed invero: “direttiva primaria (per la quale opera, in chiave dichiaratamente garantistica, l’esplicita ed impegnativa valorizzazione positiva di un canone di pienezza e di effettività remediale) è, invero, quella che sollecita, in prospettiva essenzialmente solidaristica (art. 2 Cost.), e dunque attenta all’uguaglianza sostanziale come compito propulsivo della Repubblica nonché all’effetività ripristinatoria del danno alla persona intesa nel suo pieno valore sociale (artt. 3, c.2 e 24 Cost., da considerarsi intimamente connessi ab origine), la elaborazione di una criteriologia risarcitoria formulata in termini di tendenziale adeguatezza delle poste di danno, destinate a compensare, sia pure in via necessariamente equitativa, la compromissione della integrità psico-fisica della persona, nella sua attitudine ad incidere negativamente sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, non disgiunta dalla valorizzazione, essenzialmente soggettiva ed idiosincratica, del concorrente danno morale”.
A fronte di ciò il Consiglio di Stato afferma che: “il canone di “personalizzazione” del risarcimento, per definizione rimesso, relativamente alla compromissione del valori della persona, alla “valutazione equitativa” del giudice, trae fondamento, come si è osservato, nel principio costituzionale di solidarietà sociale: nella relativa disposizione (articolo 1226 cod. civ.) il richiamo all’equità va, come è noto, acquisito quale direttiva di puntuale e circostanziata contestualizzazione del criterio risarcitorio (ovvero, come puntualmente precisato dall’articolo 138, comma 2, di “motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”). Ne segue che un esito concretamente inadeguato del vaglio equitativo – che risultasse, di fatto, corollario di un vincolo parametrico tabellare di rango regolamentare non conforme ad una direttiva di congruenza, pienezza ed effettività del ristoro – non varrebbe a scongiurare del tutto il rischio, a dispetto del tratto di specialità della disciplina primaria di cui all’articolo 138 del codice delle assicurazioni private, di una disapplicazione, da parte del giudice, della fonte normativa secondaria“