Pur non negando il parere favorevole, il Consiglio di Stato, chiamato ad esaminare il nuovo schema del decreto che introdurrà le tabelle nazionali per il risarcimento delle macropermanenti, rileva una sostanziale mancanza di confronto con soggetti portatori di interessi concorrenti al tema.
In primo luogo, pur avendo il Ministero dell’Industria e del Made in Italy dato atto di aver coinvolto l’IVASS, non si conosce il contenuto di tale interazione (“L’Amministrazione richiedente assume, in proposito, il coinvolgimento dell’Istituto, ma non ne offre il necessario riscontro documentale, né allega il “parere” prescritto dall’articolo 138, comma 1 ad finem del decreto legislativo n. 209 del 2005 (quello in atti resta formalmente riferito, unitamente alla nota tecnica che lo accompagna, alla primigenia formulazione della proposta normativa)”)
Nel nuovo passaggio, successivo al precedente parere interlocutorio, operato dal Consiglio di Stato lo scorso febbraio, non sono state più coinvolte le associazioni (“fatto difetto una sostanziale ed articolata rinnovazione del procedimento “anche a mezzo di apposito confronto pubblico con i soggetti a vario titolo rappresentativi”, sia dal lato dell’offerta di servizi assicurativi, sia dal lato delle vittime di sinistri stradali e sanitari, nei termini sollecitati dal parere interlocutorio”)
E’ infine latitato il confronto con l’Autorità Antitrust, per il Consiglio di Stato particolarmente prezioso. Ed invero nel rilasciato parere n. 1282 del 15 ottobre 2024 si afferma che “una adeguata e dialettica valutazione di contesto avrebbe richiesto, per logica intrinseca dell’intervento regolatore, di condurre un’analisi della struttura del mercato di settore, con l’opportuno coinvolgimento, in sede istruttoria, della Autorità antitrust (AGCM), allo scopo di verificare (specialmente per la RCA, vero e proprio bench-mark dell’intera materia considerata), aspetti quali:
- il concreto livello di concentrazione sul lato dell’offerta;
- il potere di mercato conseguente (ancorché si fosse potuto individuare, eventualmente, una concorrenza monopolistica in relazione alla forme on line di polizze in apparenza più convenienti) sul lato dell’offerta;
- la connessa capacità di riversare – anche a fronte di un criterio legale sopravvenuto di (ipotizzabile) rafforzamento dell’effettività di tutela – il costo relativo sui livelli tariffari (fenomeno che annullerebbe, sul piano sociale complessivo, la stessa direttiva di una più completa effettività).
Come afferma la Corte si tratta (soprattutto l’ultimo) di profili molto rilevanti, di cui non si è tenuto conto in un settore che si presta: “alla creazione di una rendita più o meno rigidamente difendibile, stante l’obbligo legale di contrarre a carico degli utenti. In definitiva, la “sostenibilità finanziaria” del settore, in presenza del notorio e forte potere di mercato, e di una connessa capacità “strutturale” di difesa della rendita per via di una prevedibile “traslazione” sugli utenti degli oneri della regolazione, non può assurgere a criterio – da verificare scrupolosamente – di garanzia di un certo livello di profitti (a fortiori, per l’appunto, in un settore “guidato” dall’obbligatorietà della stipula delle polizze)”.
Così non viene smentita la diffusa opinione che il recente intervento, al di là degli sbandierati buoni propositi, sia stata semplicemente mossa dall’eterna volontà delle assicurazioni di continuare a “fare cassa” anche a discapito dei danneggiati.