Il ricorrente censurava la decisione del giudice di merito che aveva accertato l’esistenza del concorso colposo a suo carico sul presupposto che la strada percorsa fosse a senso unico e priva di marciapiede e, quindi, l’utilizzo da parte del pedone sarebbe stato sconsigliato secondo le “ordinarie norme prudenziali”. Tale decisione secondo il ricorrente poggia su una motivazione apparente ed illogica, perché la regola di giudizio indicata porterebbe a ritenere che nei centri storici, connotati da strade a senso unico, prive di marciapiede e ingombre di veicoli in sosta, i pedoni non dovrebbero circolare. Conseguentemente, la regola di giudizio sostenuta non troverebbe alcun riscontro nelle “ordinarie norme prudenziali”, poggiando su una motivazione apparente ed illogica frutto di una mera congettura.
La Corte di Cassazione (sentenza del 3 marzo 2025 n. 5594) ritiene fondato il motivo, rilevando che: “pedone l’art. 1227, comma primo, cod. civ. prevede che se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”. Tale norma contiene una regola di causalità giuridica specifica, che dà rilievo alle concause e incide sull’an, in quanto riduce la responsabilità del debitore, e sul quantum del risarcimento. L’applicazione di tale norma, pertanto, postula un doppio scrutinio di tipo comparato delle condotte colpose e dell’entità delle conseguenze derivate da quella ascrivibile al creditore. Tale disposizione impone al giudice di comparare la colpa della vittima con quella dell’offensore, e di valutare quale tra le due colpe sia stata più grave in riferimento all’altra e quale tra le due condotte colpose abbia apportato il contributo causale prevalente rispetto all’avverarsi del danno. Tale valutazione va condotta in via ipotetica e con giudizio controfattuale: e dunque ipotizzando dapprima quale danno si sarebbe verosimilmente verificato, se solo uno dei due soggetti coinvolti avesse tenuto la condotta alternativa corretta; quindi ripetendo l’operazione a parti invertite.
In materia di sinistri stradali, quando il giudice di merito accerti un concorso colposo della vittima nella causazione del danno, per stabilirne la misura l’iter logico da seguire deve: a) ipotizzare quale danno la vittima avrebbe sofferto, se il responsabile avesse tenuto una condotta corretta, e la vittima la condotta colposa che gli viene addebitata; b) ipotizzare quale danno la vittima avrebbe sofferto, se il responsabile avesse tenuto la condotta colposa che gli viene addebitata, e la vittima la condotta alternativa corretta; c) comparare gli esiti sub (a) con quelli sub (b) (v., Cass., sez. III, 4 settembre 2024, n. 23804, resa in vicenda denunciante un grave vizio motivazionale in relazione all’applicazione dell’art. 1227 cod. civ.; sempre a proposito dello specifico accertamento delle rispettive colpe in relazione alla particolarità del singolo caso in esame, v., altresì, Cass., sez. III, 25 gennaio 2024, n. 2433)“.
Il Giudice di merito nella sentenza impugnata si era limitato ad enunciare la colpa del pedone nella misura del 50% affermando: “… questo giudice condivide, altresì, la valutazione effettuata in primo grado in ordine al contegno effettivamente tenuto dal pedone in concreto, ravvisando in capo a questi una (cor)responsabilità pari al 50%, per essersi posto in marcia lungo una strada a senso unico e priva di marciapiede, volgendo le spalle (alle) vetture che sopraggiungevano da tergo“.
Però la Corte rileva che in questo modo il Giudice: “solo in apparenza ha proceduto alla comparazione delle condotte colpose e delle entità delle conseguenze, essendosi limitato ad enunciare tautologicamente la condivisione della decisione resa in primo grado dal Giudice di Pace, il quale affermò “il concorso di colpa nella misura del 50% a carico del conducente il veicolo rimasto ignoto”, senza spiegare in alcuno modo le ragioni alla base del ritenuto concorso paritario e considerando solo la condotta del pedone. Per converso, in materia di responsabilità da sinistri stradali, in caso di investimento di un pedone, la lettura combinata dell’art. 2054 cod. civ. – che pone la regola nella quale la prevenzione è prevalentemente a carico del conducente del veicolo investitore – e dell’art. 1227 cod. civ. esige da parte del giudice di merito che si svolga uno specifico accertamento delle rispettive colpe in relazione alla particolarità del caso concreto (Cass., ord., 25 gennaio 2024, n. 2433).
La sentenza impugnata, pertanto, si espone poi ad un secondo rilievo critico, “afferente al piano della illogicità della motivazione (sul rilievo dell’illogicità della motivazione nel nuovo quadro del controllo esterno della motivazione nel giudizio di legittimità, v. Cass., sez. III, 24 luglio 2024, n. 20661; sez. lav., 5 agosto 2021, n. 22366; sez. 6-I, 26 febbraio 2020, n. 5279; sez. II, 14 giugno 2019, 16061), poiché nella specie la motivazione poggia su affermazioni illogiche e meramente assertive, in quanto il Tribunale ha ravvisato in capo al pedone una corresponsabilità del 50%, evidenziando che lo stesso si era posto in marcia lungo una strada a senso unico e priva di marciapiede volgendo le spalle alle vetture che sopraggiungevano e ritenendo che tali caratteristiche della strada “avrebbero dovuto sconsigliarne l’utilizzo da parte del pedone, secondo le ordinarie norme prudenziali”, affermazione, questa, del tutto apodittica e contraria ad ogni logica, così da rendere la pur esistente motivazione sostanzialmente apparente“.