La Corte di Cassazione (sentenza del 7 aprile 2025 n. 9124) rigetta i motivi di impugnazioni proposti da una struttura sanitaria ritenendoli infondati. I motivi si basavano sull’essenziale argomento secondo cui, poiché il danneggiato aveva indicato alcune condotte lesive, ossia precisi errori medici (sovradosaggio del farmaco ed altro) l’oggetto della domanda doveva dirsi identificato da quelle specifiche condotte e da quegli specifici errori medici. Il fatto che invece il giudice di appello avesse ritenuto responsabili i medici per condotte diverse, o meglio, per errori diversi (non sovradosaggio di farmaco, ma erronea esecuzione dell’intervento, ad esempio), avrebbe costituito violazione del principio della domanda. Questa tesi è stata considerata errata dalla Corte di Cassazione, che rileva come la questione principale sia quella della identificazione di una domanda da risarcimento del danno per colpa medica, ossia di quale sia l’onere del danneggiato, di cosa egli debba allegare perché la domanda sia identificata e quale modifica della domanda costituisca mutamento inammissibile o domanda nuova.
La Corte rammenta essere oramai un pacifico principio di diritto quello per il quale: “nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l’attore, dopo avere allegato nell’atto introduttivo che l’errore del sanitario sia consistito nell’imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l’errore sia consistito nell’inadeguata assistenza postoperatoria, dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente indicate dall’attore, possano avere portata preclusiva, stante l’inesigibilità dell’individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una c.t.u.” (Cass. 10901/2024; Cass. 7074/2024; Cass. 13269/2012). Dunque, è chiaro che il fatto che identifica la domanda è costituito dal suo nucleo materiale essenziale (a causa dell’intervento chirurgico sono stati provocati danni), mentre sono irrilevanti le specificazioni della condotta (dire cioè che durante l’intervento è stato somministrato troppo farmaco, anziché dire che non è stata fatta buona sutura). In sostanza, poiché la citazione è fatta prima che si svolga un accertamento tecnico che indichi con esattezza quali condotte materiali, quali concrete condotte hanno causato il danno, non può essere fatto onere a chi agisce di indicare quelle condotte preventivamente e con esattezza. Con la conseguenza che non può considerarsi pronuncia ultra petita quella che accoglie la domanda di risarcimento per errori medici diversi da quelli prospettati inizialmente dal danneggiato e che siano emersi dalla consulenza tecnica, successivamente alla domanda. Il che significa altresì che il fatto che il danneggiato, che in primo grado si sia vista rigettare la domanda, erroneamente, perché dalla CTU sono emerse condotte colpose diverse da quelle che lui aveva adombrato, non impugni espressamente il rigetto della domanda quanto a quelle condotte e si limiti ribadire la tesi che comunque dalla CTU sono emerse altre condotte lesive non fa passare in giudicato la statuizione di rigetto: la domanda infatti è sempre la stessa, essa cioè viene ribadita in appello, con la solo consentita specificazione delle condotte emerse dalla CTU in primo grado“.