La Corte di Appello di Bologna negava il risarcimento dei danni patrimoniali, a suo tempo liquidati in favore di danneggiato, dal Tribunale di Bologna, ritenendoli non trasmissibili iure haereditatis, omettendo altresì di considerare che lo stesso aveva avuto necessità, per l’intero periodo di tempo trascorso tra l’intervento chirurgico e il suo decesso, di assistenza continuativa e generica per 24 ore al giorno. Tenuto conto del numero di persone necessarie a fornire tale assistenza (4 in tutto, come accertato e statuito dal Tribunale di Bologna), del costo annuale medio di ciascuna persona deputata a prestare l’assistenza al macro leso (pari a Euro 20.000,00) e del tempo (anni 6 e mesi 4) trascorso fino al decesso, il danno patrimoniale patito dal medesimo risultava di ammontare pari a Euro 506.400,00.
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 29 maggio 2025 n. 14348, ha censurato la decisione che ha rigettato la richiesta risarcitoria proposta dalle odierne ricorrenti incidentali, volta ad ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, subiti in vita dal defunto, iure hereditatis, traendo, in modo apodittico, dall’evento morte, in forza di un ingiustificato, nonché illegittimo, automatismo, la conseguenza della non risarcibilità in favore degli eredi dei pregiudizi patrimoniali sofferti dal danneggiato.
Rammenta infatti che: “il diritto al risarcimento del danno, patrimoniale e non, patito in vita del de cuius, si consolida nella sua sfera giuridica in un diritto di credito, trasmissibile iure haereditatis ai suoi eredi al momento del decesso, con l’apertura della successione. In questi termini, la soluzione adottata dalla Corte si pone in contrasto con il generale principio che governa la materia successoria, in forza del quale il fenomeno successorio è universale, atteso che l’erede subentra in universum ius, nella titolarità delle situazioni giuridiche soggettive attive e passive presenti nella sfera giuridica del de cuius al momento del suo decesso.
Inoltre, varrà considerare che, dalla perimetrazione delle domande formulate dalle odierne ricorrenti incidentali tanto in primo grado, quanto in sede di riassunzione, alla luce delle risultanze emergenti dai rispettivi atti introduttivi (ossia, atto di citazione originario e atto di citazione in riassunzione), si evince inequivocabilmente la volontà di azionare in giudizio il diritto al risarcimento del danno patrimoniale patito in vita dal defunto Zo.Gi. Quanto al giudizio di primo grado, tale richiesta era stata esaminata, nonché accolta, con riferimento al danno emergente, con il quale si reintegrava il patrimonio del de cuius degli esborsi da lui sostenuti in vita per ricevere assistenza continua per gli anni vissuti tra l’intervento e il decesso, mentre veniva rigettata la richiesta di risarcimento del danno per la perdita della capacità lavorativa specifica, ritenuta non provata. In sede di riassunzione le originarie attrici hanno riproposto tali domande (pp. 9 e 25 atto di citazione in riassunzione ex art. 392 c.p.c.), sottoponendole alla cognizione della Corte d’Appello di Bologna, adita in funzione di giudice del rinvio, che – come appena illustrato – le ha erroneamente rigettate“