La Corte di Cassazione, con la sentenza emessa in data 11 giugno 2025 n. 15600, ribadisce la propria pluridecennale affermazione (v. Cass. Sez. U. 11/01/2008, nn. 576, 582, 581, 582, 584; Id. 11/11/2008, nn. 26972 – 26975; ma v. già Cass. 15/10/1999, n. 11629 e, in seguito, Cass. 21/07/2011, n. 15991; v. anche Corte cost. 27 ottobre 1994, n. 372 e, da ultimo, Cass. Sez. U. 6/03/2025, n. 5992, in motivazione), secondo: “cui ad essere risarcibile non è la lesione dell’interesse giuridicamente protetto (danno-evento o evento di danno) ma il danno-conseguenza, vale a dire i pregiudizi derivanti secondo nesso di causalità giuridica (artt. 1223 e 2056 cod. civ.) dalla lesione stessa, da allegare e provare da parte del danneggiato. Anche nel caso del danno non patrimoniale da lesione dei diritti della persona – e tra questi di quelli all’onore e alla reputazione – quel che rileva ai fini risarcitori non è la lesione in sé del diritto ma le conseguenze pregiudizievoli che ne derivano, nella “doppia dimensione del danno relazionale/proiezione esterna dell’essere, e del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza” (Cass. 17/01/2018, n. 901). Deve certamente tenersi presente che tale prova ben può essere offerta anche a mezzo di presunzioni gravi, precise e concordanti e che in ipotesi, quale quella di specie, di lesione di diritti della persona i margini di un ragionamento probatorio di tipo presuntivo, ferma restando la non predicabilità di un danno in re ipsa, risultano particolarmente forti. Ciò tanto più ove si consideri la dimensione eminentemente soggettiva e interiore del pregiudizio che si tratta di risarcire (danno morale), all’esistenza del quale non corrisponde sempre una fenomenologia suscettibile di percezione immediata e, quindi, di conoscenza ad opera delle parti contrapposte al danneggiato. In tali casi ad un puntuale onere di allegazione – la cui latitudine riflette la complessità e multiformità delle concrete alterazioni in cui può esteriorizzarsi il danno non patrimoniale che, a sua volta, deriva dall’ampiezza contenutistica dei diritti della persona investiti dalla lesione ingiusta – non corrisponde, pertanto, un onere probatorio parimenti ampio. Occorre tuttavia pur sempre che tale ragionamento probatorio possa svilupparsi partendo da elementi – quali tipicamente la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima – che consentano di far riferimento a massime di esperienza che giustifichino, in chiave presuntiva, il convincimento (alla stregua dell’id quod plerumque accidit), salva prova contraria, che, in presenza appunto di quegli elementi, si sia prodotto un apprezzabile danno conseguenza di tipo morale o relazionale“.

Art. 141 C.d.A.: morte del trasportato, risarcimento iure proprio a favore dei congiunti, pagamento dal non obbligato
La Zurich dopo aver risarcito, ai sensi dell’art. 141 C.d.A., i congiunti della vittima (deceduta