La responsabilità del produttore (l’annosa questione delle protesi ortopediche)

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Accertato il nesso causale tra l’impianto di protesi d’anca metallo-metallo prodotte dalla ZIMMER BIOMET ITALIA Spa e i livelli patologici di ioni cromo-cobalto quali prodotti di usura dei componenti protesici d’anca metallo su metallo e il danno iatrogeno riconducibile all’incongruo impianto di una protesi metallo-metallo nel 2009, quando già si conoscevano i rischi di metallosi delle protesi di questo tipo, senza mai essere stato indirizzato prima del 2015, cioè sei anni dopo l’intervento di protesizzazione, verso le indagini laboratoristiche necessarie a diagnosticare la metallosi, il paziente conveniva in giudizio l’ASL n. 2 Savonese e la ZIMMER BIOMET ITALIA Srl (responsabili anche in concorso, la prima, a titolo di responsabilità da contatto sociale nonché per la lesione del diritto di autodeterminazione e del diritto alla salute del paziente ex art 32 Cost., la seconda, anche a titolo di responsabilità del produttore e/o ai sensi dell’art. 2043 e ss. cod. civ.).

Il Tribunale di Savona rigettava la domanda, escludendo sulla base della C.T.U. espletata in sede di ATP e della C.T.U. prodotta dalla ZIMMER BIOMET ITALIA Spa espletata in un altro giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, che potesse imputarsi alla Asl convenuta alcuna colpa per avere utilizzato delle protesi che, sulla base delle conoscenze scientifiche dell’epoca, costituivano un’opzione terapeutica assistita da validazione scientifica, non essendo state accertate problematiche relative a carcinogeniticità e ipersensibilità ai metalli, per non avere informato il paziente di un rischio, quello poi concretizzatosi, che non era prevedibile secondo la migliore scienza all’epoca dell’intervento di protesizzazione, e per non avere informato l’odierno ricorrente anche successivamente, perché detto difetto di informazione non aveva provocato alcun danno. Quanto all’impresa produttrice, riteneva indimostrato il nesso di causa tra il difetto del prodotto e l’evento di danno, atteso che al momento dell’immissione in commercio non si conoscevano gli effetti dell’uso delle protesi in metallo derivanti dall’ipersensibilità ai metalli (art. 118 cod. cons.).

La Corte d’Appello di Genova confermava la statuizione di rigetto di primo grado.

Con ricorso in cassazione il paziente imputava però al giudice a quo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 114, 117 e 118, lett. e, del D.Lgs. n. 206/2005 e dell’art. 2050 cod. civ. per avere esonerato da responsabilità la produttrice, ancorché fossero stati pubblicati, prima dell’intervento, alcuni studi scientifici che avevano evidenziato problematiche connesse all’utilizzo delle protesi metallo su metallo, tant’è che lo stesso produttore aveva successivamente deciso di ritirarle dal commercio. Il ricorrente si doleva poi della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., degli artt. 114 e ss. del D.Lgs. 206/2005 e dell’art. 2043 cod. civ., per avere la Corte d’Appello omesso di pronunciarsi su un motivo di appello e per non avere, conseguentemente, considerato che la protesi impiantata nel paziente era difettosa e priva di certificazioni CE. Il ricorrente aggiungeva che, secondo la direttiva 93/42/CEE del 14/06/1993, concernente i dispositivi medici, nonché secondo il D.Lgs. n. 46/1997 (di attuazione della predetta direttiva), le protesi d’anca metallo su metallo sono dispositivi medici di classe III che devono essere muniti di certificato CE rilasciato da un organismo notificato: certificazione che, non essendo stata versata in atti, lasciava presumere che il prodotto fosse difettoso, non avendo ottenuto la certificazione per la commercializzazione.

La Corte di Cassazione (sentenza del 30 luglio 2025 n. 21919) nell’accogliere i motivi di critica, specifica che: “coglie nel segno il ricorrente quando sostiene che al produttore è richiesta non già la prova di avere osservato la prassi e gli standard di sicurezza in uso nel settore in cui opera, ma di avere osservato il livello più avanzato di dette conoscenze al momento della immissione in commercio del prodotto – cioè, ai sensi dell’art. 119 cod. cons., al momento in cui ha consegnato il prodotto all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova, o mediante la consegna al vettore o allo spedizioniere perché sia inviato all’acquirente o all’utilizzatore -coincidente, nel caso di specie, con l’impianto delle protesi, purché per lui accessibili (v. Corte di Giustizia CE, 29/05/1997, C-26/96, secondo cui le conoscenze scientifiche e tecniche di cui all’art. 7 lett. e) della direttiva n. 85/374 Cee del 1985 non riguardano soltanto la prassi e gli standard di sicurezza in uso nel settore industriale nel quale opera il produttore, ma comprendono, senza alcuna restrizione, lo stato dell’arte inteso nel suo livello più avanzato, purché concretamente accessibile al momento della messa in circolazione del prodotto considerato). Pur dovendosi tener conto che non è facile distinguere il prodotto difettoso da quello non sicuro e che comunque non esistono prodotti che siano del tutto innocui, non deve mai perdersi di vista che la nozione di prodotto difettoso non esprime un concetto autonomo, ma relazionale, in quanto stretto tra le esigenze dell’impresa e quelle di tutela dell’utilizzatore, ma anche tra quelle di funzionalità del prodotto e di sicurezza dello stesso: il che equivale a dire tra livello di protezione del consumatore in una società industriale avanzata e (anche) incentivi all’innovazione tecnologica; con le inevitabili ricadute in punto di accertamento del se il danno poteva essere più facilmente (cioè con minor sacrificio) evitato dalla vittima o dal produttore, alla luce delle informazioni di cui ciascuno dei due poteva disporre nel momento in cui ha agito, in uno con il rilievo attribuito ad una distinzione inespressa, in materia di responsabilità del produttore, ma comunque presupposta tra: i) danni prevedibili ed evitabili; ii) danni astrattamente prevedibili, ma inevitabili; iii) danni imprevedibili ed inevitabili con riferimento al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

Conviene subito chiarire che la circostanza che in giudizio non sia stata prodotta la certificazione di conformità delle protesi – il ricorrente non chiarisce, neppure, se se ne fosse discusso- non ha rilievo pregnante: perché che il prodotto sia pienamente conforme agli standard tecnici – che siano espressamente prescritti dalle autorità di certificazione o che siano altrimenti desumibili dallo stato dell’arte – non implica che esso non sia potenzialmente dannoso (v. Cass. 10/05/2021, n. 12225), quand’anche se ne possa presumere la sicurezza e, per converso, un prodotto difforme può risultare solo occasionalmente (ma non necessariamente) dannoso e un prodotto conforme agli standard tecnici può risultare difettoso, in considerazione del fatto che gli standard tecnici individuano una soglia minima (floor) di sicurezza il cui rispetto è indispensabile per ottenere la certificazione senza la quale non è possibile immettere in circolazione il prodotto, ma non esonera da responsabilità il produttore che non abbia fatto ricorso a misure precauzionali additive, purché fossero nella sua disponibilità.

Ora, nel caso di specie è stato accertato che, ben prima che la protesi metallo su metallo fosse impiantata, lo stato delle conoscenze scientifiche era tale da far fondatamente sospettare l’esistenza del difetto (v., sul punto, Cass. 28/07/2015, n. 15851 che, in ragione del fatto che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui il produttore aveva commercializzato il prodotto non consentiva di considerare lo stesso come difettoso, giacché ancora non si sapeva che il rischio (noto) di epatologie si sarebbe manifestato in un numero di casi superiori a quelli preventivati nell’analisi costi/benefici presentata all’AIFA, ha escluso la responsabilità della produttrice del farmaco Garfir): il che non avrebbe dovuto mandare esente da responsabilità la società produttrice per avere continuato a commercializzare le protesi per tutto il 2009 e per non avere adottato alcun comportamento specifico che, anche senza giungere al ritiro dal commercio delle protesi, creasse uno stato di allerta nei sanitari, anche eventualmente, attraverso avvertenze specifiche sui casi in cui era sconsigliato l’impianto di quella tipologia di protesi. A maggior ragione la Corte territoriale ha errato là dove ha negato la ricorrenza dei presupposti per applicare l’art. 2050 cod. civ.. Ora, la fattispecie regolata dall’art. 2050 cod. civ. pone attenzione all’attività produttiva in sé, mentre la disciplina in tema di responsabilità del produttore fa riferimento alla dimensione circolatoria del prodotto finale; la lettera e) dell’art. 118 cod. cons. rimanda, quale causa di esonero da responsabilità, allo stato delle conoscenze tecniche e scientifiche esistenti all’atto di immissione in commercio dei prodotti che non consentiva ancora di considerare questi ultimi come difettosi (c.d. rischio da sviluppo), nei giudizi ex art. 2050 cod. civ., per contro, il produttore viene gravato da un’ardua prova liberatoria, essendo tenuto a dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee per impedire il danno (Cass. 19/05/2022, n. 16170), non bastando la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorrendo quella positiva di avere impiegato ogni cura o misura volta ad impedire l’evento dannoso, comprese quelle aggiuntive che la situazione del caso concreto e/o i progressi della tecnica consigliano (Cass. 21/05/2019, n. 13579; Cass. 7/03/2019, n. 6587 con cui è stata cassata la sentenza che, con riguardo all’effetto indesiderato di un farmaco del quale non si conosceva la causa, riscontrabile con una percentuale di uno su un milione, aveva ritenuto non raggiunta la prova liberatoria nonostante la relativa segnalazione nel foglietto illustrativo)“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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