Al pari della presunzione o del fatto notorio, le massime di esperienze costituiscono un valido elemento per permettere la prova di un fatto. Tale meccanismo è per esempio molto valorizzato dalla giurisprudenza in tema di risarcimento della lesione del vincolo parentale. La Corte di Cassazione (sentenza del 22 settembre 2025 n. 25771) procede ad individuare il significato delle massime di esperienza affermando che sono: “definizioni o giudizi ipotetici di contenuto generale, indipendenti dal caso concreto sul quale il giudice è chiamato a decidere, acquisiti con l’esperienza, ma autonomi rispetto ai singoli casi dalla cui osservazione sono dedotti ed oltre i quali devono valere; tali massime sono adoperabili come criteri di inferenza, vale a dire come premesse maggiori dei sillogismi giudiziari. Costituisce, invece, una mera congettura (una mera ipotesi, come qui sostengono i ricorrenti), in quanto tale inidonea ai fini del sillogismo giudiziario, tanto l’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica, quanto la pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque pur minima plausibilità“.

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La Corte di Cassazione (sentenza del 30 ottobre 2025 n. 28758), nel confermare la responsabilità



