La Corte d’Appello di Bologna riconosceva la sussistenza del danno da riduzione della capacità lavorativa specifica della vittima (che svolgeva attività di commercialista). Con ordinanza n. 5867 del 2021 la Corte di Cassazione in accoglimento del ricorso principale della compagnia assicurativa, osservava che gli unici dati considerati dal giudice d’appello a supporto del convincimento circa l’incidenza delle lesioni sulla dedotta contrazione del reddito erano rappresentati dai compensi indicati nelle dichiarazioni dei redditi negli anni compresi tra il 1997 e il 2001, senza però dare conto del criterio logico e della spiegazione probabilistica in ragione dei quali tali elementi potevano ritenersi dotati dei richiesti caratteri di gravità indiziaria, precisione e concordanza in funzione dell’accertamento, in via presuntiva, del collegamento eziologico ai postumi invalidanti della contrazione del reddito; ciò, tenendo conto, per un verso, che le dichiarazioni dei redditi evidenziavano un andamento non lineare ma oscillante (nei seguenti termini: anno 1997, Lire 214.807.000; anno 1998, a metà del quale si verificò il sinistro, Lire 269.900.000; anno 1999, Lire 224.881.000, dato bensì inferiore all’anno precedente ma pur sempre superiore al 1997; anno 2000, Lire 247.134.000, superiore al reddito dell’anno precedente e ancor di più a quello del 1997; anno 2001, Lire 176.619.000); per altro verso, che la dedotta contrazione del reddito era oggettivamente rilevabile solo nel 2001, a distanza di oltre due anni dalla data dell’incidente, e dopo peraltro un andamento crescente del reddito negli anni immediatamente precedenti. Sulla base di tali rilievi, questa Corte riteneva la sentenza d’appello viziata sia per violazione di norme di diritto (ed in particolare per violazione dei criteri legali che presiedono al ragionamento inferenziale e all’apprezzamento della prova presuntiva: art. 2729 cod. civ.), sia per vizio motivazionale, nella parte in cui aveva assunto, quale misura della presunta contrazione del reddito futuro, imputabile ai postumi residuati all’evento lesivo, quella del 32,5%, senza illustrare in alcun modo la provenienza del dato.
Riassunto il giudizio(sulla ribadita domanda di risarcimento del danno da lucro cessante) la Corte bolognese rigettava la domanda risarcitoria del danneggiato rilevando “dopo il sinistro del maggio 1998, i ricavi, e quindi, in proporzione, i redditi, del Se.Mi. anziché diminuire, aumentarono, passando da Lire 214.807.000 nel 1997, a Lire 269.900.000 nel 1998, a Lire 224.881.000 nel 1999, e a Lire 247.134.000 nel 2000, solo nel 2001 mostrando la diminuzione a Lire 176.619.000“. Ciò rilevato la Corte d’Appello riteneva che “da tali dati non (era) possibile inferire che l’invalidità permanente (avesse) causato una diminuzione di guadagno”, trattandosi, come già rilevato dalla Corte di cassazione, di “dati reddituali oscillanti” e pertanto, “insufficienti a giustificare il ragionamento presuntivo che su di essi intenda fondare la prova del danno da lucro cessante causalmente dipendente dalle conseguenze del sinistro“. La Corte di merito, corredando di motivazione articolata e coerente il proprio giudizio, spiegava che gli elementi ricavabili dalle dichiarazioni dei redditi, “in mancanza di risultanze probatorie ulteriori, non (consentivano) affatto di affermare che la diminuzione del reddito nel 2001 (fosse) stata – a “scoppio ritardato” – conseguenza immediata e diretta di una minor capacità di lavoro del Se.Mi.“; ciò tanto più ove si tenesse conto, per un verso, della circostanza che non risultavano “i ricavi successivi al 2001” e si considerasse, per altro verso, che l’istante non aveva “provato di avere avuto, per ragioni specifiche, una concreta e ragionevole aspettativa di guadagnare, negli anni successivi al sinistro, degli importi maggiori di quelli effettivamente percepiti, e che la frustrazione di tale aspettativa (fosse) effettivamente dipesa dai postumi invalidanti, talché, se non fosse stato portatore dell’IP, egli avrebbe, anche negli anni fino al 2000 compreso, percepito delle somme ancora maggiori“.
La Corte di Cassazione (sentenza del 30 luglio 2025 n.21893) ha confermato la decisione, escludendo la sussistenza del dedotto vizio di motivazione e della denunciata violazione dei criteri di apprezzamento della prova presuntiva (tra l’altro, l’analitica valutazione degli elementi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi conferma, anziché escluderlo, il rilievo dell’inferenza probatoria attribuita a tali atti da parte del giudice del merito, sia pure, nel caso concreto, nel senso di smentire, anziché confermare, la dedotta contrazione dei guadagni, avuto riguardo al carattere oscillante – e talora persino crescente – dei ricavi in esse indicati).
La giurisprudenza di legittimità conferma dunque il rigore richiesto per riconoscere il danno da perdita del reddito, il quale, dopo il vaglio positivo in ambito medico legale, deve risultare in concreto dall’effettivo andamento dei ricavi successivi al sinistro. In altre parole, in considerazione della lentezza dell’evolversi della vicenda giudiziaria, il danno di natura futura si “trasforma” in danno passato per il quale è richiesta, nei riscontri probatori (documentali), la conferma del ridimensionamento del reddito, a meno che non venga addotta (onere del danneggiato) una motivazione in grado di spiegare il motivo per cui tale diminuzione non vi sia stata nonostante l’impatto sulla capacità lavorativa delle lesioni lamentate.