Un cliente conveniva davanti al Tribunale di Modena il proprio avvocato per ottenerne il risarcimento dei danni derivati dalla responsabilità professionale, avendogli conferito mandato per proporre ricorso per cassazione, che era stato dichiarato inammissibile. Il Tribunale rigettava la domanda e così la Corte di Appello. Il medesimo però presenta ricorso in cassazione rilevando che la Corte d’Appello “si dedica unicamente ad analizzare la prognosi di risultato” del giudizio di legittimità qualora il ricorso non fosse stato inammissibile, nulla invece rilevando sul “fatto che si trattasse di un errore grossolano”, da cui sarebbero derivate l’inammissibilità e la conseguente condanna della De.Ba. alla rifusione delle spese processuali, e che rientrerebbe nella colpa grave, fonte di responsabilità ai sensi dell’articolo 2236 c.c.; se l’errore non vi fosse stato, la ricorrente non si sarebbe trovata condannata “alle spese per inammissibilità del ricorso”; sussisterebbe pertanto la violazione degli articoli 1176 e 2236 c.c.” Anche in riferimento al principio per cui, per il risarcimento dei danni derivati dalla responsabilità professionale, va verificato “solo il probabile esito del giudizio”, il ricorrente invoca uno specifico arresto della Corte di Cassazione (n. 15717/20109″, il quale insegna che: “pure in relazione alle c.d. cause perse, “l’attività del difensore, se bene svolta, può essere preziosa” al fine di limitare o di escludere il pregiudizio insito nella posizione del cliente, se non altro eccependo per eventuali errori sostanziali e processuali della controparte; in particolare, l’arresto richiamato afferma che “il difensore può non accettare una causa per la quale prevede già dall’inizio la soccombenza del suo assistito, ma non può accettarla e, poi, disinteressarsene del tutto, con il pretesto che trattasi di “causa persa””, poiché così espone il cliente “all’incremento del pregiudizio iniziale” almeno per le spese cui va incontro per la propria difesa e per quella di controparte; nel caso in esame, una condotta diligente dell’avvocato avrebbe potuto limitare il pregiudizio subito dalla ricorrente “quanto meno” sotto il profilo della condanna a rifondere le spese di lite a controparte“. tale sentenza reputa proprio che: “il difensore può non accettare una causa alla quale prevede già dall’inizio la soccombenza del suo assistito, ma non può accettarla e, poi, disinteressarsene del tutto, con il pretesto che trattasi di “causa persa”, senza nemmeno attivarsi per trovare una soluzione transattiva, essendo tale comportamento comunque doveroso ove si accetti di difendere una causa rischiosa per il proprio cliente”; pertanto, “in caso di assoluta inerzia del difensore viene, conseguentemente, a configurarsi la sua responsabilità professionale, avendo comunque esposto il cliente all’incremento del pregiudizio iniziale, se non altro a causa delle spese processuali a cui lo stesso va incontro, per la propria difesa e per quella della parte avversa“;
Il Collegio rammenta poi che più recentemente la Corte di Cassazione (sentenza 22 novembre 2018 n. 30169) ha dichiarato che, “in relazione ad una causa che presenti un’elevata probabilità di soccombenza per il proprio cliente, il difensore che abbia accettato l’incarico non può successivamente disinteressarsene del tutto, incorrendo in responsabilità professionale ove esponga il cliente all’incremento del pregiudizio iniziale, se non altro a causa delle spese processuali… per la propria difesa e per quella di controparte“;
La Corte (sentenza del 5 novembre 2025 n.29272) che: “al richiamo di siffatta giurisprudenza di questa Suprema Corte da parte dell’attuale ricorrente il giudice d’appello non si è per nulla rapportato, limitandosi alla valutazione della possibilità o meno di vincere la controversia nella quale il professionista la difendeva; ritiene tuttavia il Collegio che sia opportuno rinviare la causa in pubblica udienza, per approfondire il contenuto dell’attività diligente che l’avvocato deve fornire all’assistito anche nel caso in cui ne assuma la difesa allorquando la causa sia già orientata in evidenza verso una probabile sconfitta dell’assistito stesso, e dunque per ben determinare se possa in una siffatta ipotesi la condotta del difensore, qualora appunto non qualificabile diligente, causare una specifica lesione al diritto difensivo del suo cliente con conseguente configurabilità di diritto risarcitorio in capo a quest’ultimo“.




