Il contatto sociale

studio legale palisi padova responsabilità

La Corte di Cassazione (sentenza del 30 ottobre 2025 n. 28758), nel confermare la responsabilità del progettista-direttore dei lavori nei confronti della conduttrice, che formalmente non lo aveva incaricato, rileva che nel caso di specie il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte in materia di contatto sociale qualificato. A tale proposito procedere ad un riepilogo di tale fattispecie, affermando che “il modello della responsabilità da contatto sociale qualificato, così come delineato sulla base delle coordinate interpretative ricavabili da diversi arresti della giurisprudenza di questa Corte, si basa sulla trasposizione della disciplina della responsabilità da inadempimento di un’obbligazione contrattuale in contesti relazionali, che evidenzino la sussistenza di un rapporto qualificato tra più soggetti, ancorché in assenza di contratto. Si tratta di relazioni qualificate sul piano del fatto prima ancora che del diritto, in cui un soggetto si affida alla professionalità di un altro, ponendo sotto la sua sfera di controllo propri beni giuridici. Il fattore che assume carattere qualificante la relazione, pur non formalizzata contrattualmente, è l’affidamento che essa ingenera, dal quale discendono obblighi di protezione o di diligenza, la cui violazione comporta responsabilità, anche in assenza di un obbligo primario di prestazione.

In questa prospettiva, si assiste ad un’inversione della sequenza che caratterizza gli accordi contrattuali, in base alla quale la nascita dell’obbligazione precede la prestazione. In siffatte ipotesi, infatti, l’ingerenza dell’attività professionale di un soggetto nella sfera giuridica di un altro, attraverso l’esecuzione di una prestazione soggetta a canoni e standard di diligenza propri della relativa professionalità, genera un affidamento, meritevole di tutela, sulla conformità dell’attività svolta alle regole che ne disciplinano l’esercizio. Tale affidamento, che si attesta sul piano del fatto, giustifica successivamente la nascita, sul piano del diritto, di obbligazioni che ne mutuano il contenuto. Il contenuto di tali obbligazioni, infatti, si identifica con quello dell’affidamento da cui origina, attraverso la giuridicizzazione delle aspettative del destinatario della prestazione, circa la sua conformità alle regole e agli standard che la disciplinano, che passa attraverso i doveri di buona fede e correttezza oggettiva.

Ne consegue una differenzazione della posizione giuridica soggettiva del professionista nel caso in cui egli violi le regole di condotta che disciplinano l’attività professionale svolta, causando un danno al soggetto che si sia affidato alla sua professionalità, rispetto a quella del quisque de populo, che, invece, si ingerisce nella sfera giuridica altrui solo nel momento in cui si consuma l’illecito e, di conseguenza, il danno. Questo è il fattore determinante il diverso atteggiarsi delle due forme di responsabilità. Infatti, il momento relazionale, qualificato da un affidamento fondato sulla peculiare natura dell’attività professionale esercitata, costituisce l’elemento scriminante la responsabilità da contatto sociale rispetto a quella aquiliana.

In altri termini, la violazione di regole di condotta che disciplinano l’esercizio di una attività protetta non può essere trattata alla stregua del generalizzato obbligo negativo di alterum non laedere. Infatti, in questo contesto la responsabilità aquiliana manifesta un proprio limite intrinseco, in particolare la propria inidoneità a offrire una tutela effettiva alla sfera giuridica del soggetto, attinto dalla prestazione professionale, in contrasto con il principio di solidarietà sociale, previsto dall’ art. 2 Cost. Sicché, la violazione di regole di condotta che disciplinano una professione “protetta”, preposte alla tutela di terzi, che possano entrare in contatto con l’attività disciplinata, ove ridondi a danno dei terzi esposti, dà luogo a responsabilità contrattuale, ancorché in assenza di un contratto. In questa prospettiva, nei confronti dell’esercente una professione protetta non può richiedersi la mera osservanza di un obbligo negativo di astensione dal ledere la sfera giuridica altrui, posto che l’effettuazione della prestazione, ancorché al di fuori di un contesto propriamente negoziale, ha già dato luogo, sul piano fattuale, ad una intromissione nella sfera giuridica altrui. Per tale ragione, nei confronti dell’agente è esigibile l’osservanza delle cautele della professione che sarebbe tenuto ad osservare ove la prestazione fosse prestata in esecuzione di un accordo contrattuale. Si tratta di obblighi positivi di protezione, la cui fonte si rinviene nell’art. 1173 c.c., nella parte in cui contempla tra le fonti delle obbligazioni “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”.

Orbene, giova precisare che non tutte le “relazioni” assumono la significatività, idonea a fondare obblighi positivi di protezione. I presupposti indefettibili che connotano tipologicamente la relazione qualificata, su cui si basa la responsabilità da contatto sociale possono essere individuati nei seguenti termini:

a) l’ingerenza, da parte di un soggetto, nella sfera giuridica di un altro, per il raggiungimento di uno specifico scopo;

b) l’ingerenza si deve concretizzare nello svolgimento di una prestazione professionale, posta in essere da un soggetto “qualificato”, in quanto titolare di un’attività che richiede un particolare titolo abilitativo imposto dallo Stato, anche in considerazione del rilievo costituzionale dei beni su cui tale professione incide (cfr. Cass. n. 589/1999, in tema di responsabilità del medico dipendente di una struttura ospedaliera, antecedente alla legge Gelli-Bianco; Cass., S.U., n. 6216/2015, sulla responsabilità da contatto sociale dell’avvocato; Cass. n. 9320/2016 e Cass. n. 7746/2020 in materia di responsabilità notarile);

c) l’attività sia assoggettata a regole di condotta, prescritte dalla legge e specificamente volte a tutelare i terzi esposti ai rischi, ad essa potenzialmente connessi (cfr. Cass. n. 11642/2012; Cass. n. 29711/2020; Cass. n. 35057/2024);

d) il contatto generi un affidamento nel soggetto nella cui sfera giuridica si produce l’ingerenza, riguardo alla conformità della prestazione ricevuta alle norme e agli standard professionali che la regolano (cfr. Cass. n. 589/1999; Cass. n. 28139/2023).

Ne deriva che la responsabilità da contatto sociale qualificato, al ricorrere degli individuati presupposti, sorge in conseguenza della violazione degli obblighi di diligenza, che si traducono in obblighi di protezione in quanto essi non solo regolano l’attività inerente all’esercizio della specifica prestazione, ma sono altresì finalizzati alla tutela dei terzi che vengano a contatto con essa.

Nel caso di specie, la Corte, attenendosi ai principi in materia di responsabilità da contatto sociale qualificato, ha ritenuto sussistente: “una relazione giuridicamente rilevante tra l’odierno ricorrente e la Spa in considerazione dell’ingerenza verificatasi nella sfera giuridica di quest’ultima, a seguito dell’attività professionale svolta dal geometra – in qualità di progettista e direttore dei lavori – sull’immobile da essa concesso in locazione alla conduttrice per la realizzazione di un soppalco. Come evidenziato dal giudice di merito, tale ingerenza, finalizzata a uno scopo condiviso da entrambe le parti -segnatamente alla realizzazione del soppalco – si è realizzata nell’ambito di una più ampia vicenda negoziale, scaturente da un accordo intercorso tra la locatrice e la società conduttrice. È in forza di tale accordo che quest’ultima aveva conferito al progettista l’incarico di eseguire gli interventi necessari all’adeguamento dell’immobile alle proprie esigenze, mentre la prima si era impegnata ad autorizzare l’esecuzione delle opere. Il progettista non ha mai dedotto di essere ignaro della pattuizione intercorsa tra le due imprese e, comunque, della vicenda negoziale nell’ambito della quale essa si era inserita. Sicché, ragionevolmente, la Corte ha ritenuto che egli risultasse partecipe di questa complessa vicenda negoziale (cfr. pp. 9 e 10 della sentenza impugnata), argomentando diffusamente in ordine atale considerazione, anche valorizzando il fatto che l’ingerenza nella sfera giuridica della locatrice fosse stata formalizzata con la presentazione della DIA. La ricostruzione della responsabilità in termini di responsabilità da contatto sociale risulta, in definitiva, perfettamente coerente con le coordinate interpretative offerte dalla giurisprudenza di questa Corte. È, pertanto, priva di fondamento la censura con cui si contesta che la condotta negligente del professionista sia avvenuta in violazione di norme poste a tutela della società locatrice.

In realtà, la Corte territoriale ha imputato al geometra: “errori progettuali e omissioni nella misurazione delle altezze dell’immobile, ravvisando una violazione degli standard di diligenza propri della sua attività professionale, da valutarsi – secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità – secondo il criterio della diligenza qualificata, quam in concreto, tenuto conto della specifica professionalità dell’agente (tra le molte Cass. n. 15255/2005; Cass. n. 4366/2006; Cass. n. 23174/2018; Cass. n. 2913/2020 e, da ultimo, Cass. n. 27045/2024; Cass. n. 17359/2025; Cass. n. 18405/2025). A tal riguardo, il direttore dei lavori ha il dovere, in ragione dell’elevato tasso di tecnicismo che connota l’attività svolta, di vigilare affinché l’opera sia eseguita in conformità al regolamento contrattuale, al progetto approvato, nonché alle regole della buona tecnica. Un tale obbligo di sorveglianza si intensifica, a fortiori, là dove si riuniscano in capo al medesimo soggetto la qualifica di direttore dei lavori e quella di progettista, e i difetti riscontrati nell’opera siano riconducibili a vizi progettuali rispetto ai quali egli fosse onerato da uno specifico dovere di controllo. Peraltro, non può nemmeno sottacersi la rilevanza esterna -indirettamente evidenziata anche dalla Corte d’Appello (cfr. p. 9 della sentenza impugnata) – che tali obblighi di diligenza assumono, in ragione del particolare rilievo pubblico dell’attività regolata. Ciò emerge con chiarezza dalla disciplina urbanistico-edilizia, in particolare dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Nell’attività del progettista e direttore dei lavori, pertanto, convergono interessi privati e interessi pubblici, con la conseguenza che gli obblighi di diligenza gravanti sul geometra assumono natura non solo di obblighi di prestazione, come dedotto dall’odierno ricorrente, ma anche di obblighi di protezione, nei termini dianzi illustrati. Obblighi, dunque, posti a tutela dei soggetti – come nella specie la società locatrice – nella cui sfera giuridica è destinato a incidere l’esito di un’attività professionale del tipo dianzi tratteggiato“.

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Avvocato Massimo Palisi - Padova

Nato a Catanzaro in data 24 aprile 1969, consegue la maturità classica (voto 60/60) e la laurea in giurisprudenza presso l’Università di Padova (voto 105/110). Viene eletto per il biennio 1992/94 Segretario Nazionale della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani).

Avvocato dal 1999, Cassazionista dal 2016, svolge la propria attività a livello nazionale, operando nell’ambito del diritto sostanziale e processuale civile, con particolare elezione per le tematiche relative alla responsabilità civile (sia in ambito contrattuale che extracontrattuale), alla tutela della persona e dei consumatori in generale (e sotto il profilo risarcitorio in particolare), al diritto del lavoro, al diritto delle assicurazione. Svolge inoltre assistenza a favore delle vittime nell’ambito delle procedure penali.

Ha deciso di non essere fiduciario di alcuna compagnia di assicurazione e/o banche, per non intaccare la propria opera di tutela nei confronti dei danneggiati e dei consumatori.

Ha collaborato, nel primo decennio del 2000, con Cittadinanzattiva Onlus, risultando membro: a) del gruppo studio “Assicurazioni ” del CNCU, istituito presso il Ministero delle Attività Produttive; b) del collegio del Nord Italia dei conciliatori istituito presso il gruppo Banca Intesa, c) del gruppo di studio istituito presso l’ANIA per l’emanazione del nuovo Codice delle Assicurazioni. Ha svolto corsi seminariali in tema assicurativo a livello nazionale, promossi e patrocinati dal Ministero delle Attività Produttive.

È stato relatore in diversi convegni giuridici di carattere nazionale.

Avvocato Evenlina Piraino - Padova

Nata a Cosenza in data 29 settembre 1981, consegue il diploma di maturità al liceo scientifico (voto 100/100) e si laurea nel 2006, presso l’Università di Cosenza (UNICAL), in giurisprudenza (voto 108/110) discutendo una tesi nell’ambito del diritto del lavoro (“Il nuovo sistema di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: Decreto Legislativo n. 38/2000′) e del diritto assicurativo (“Il sistema assicurativo sociale in ambito europeo”).

È avvocato dal 2009; fa parte dello studio dal 2013. Si occupa prevalentemente di diritto civile, sostanziale e processuale, diritto del lavoro, diritto di famiglia, procedure stragiudiziali e di mediazione. Nell’ambito della materia di elezione dello studio legale, si interessa in particolare degli istituti di responsabilità civile speciale, di quello di natura professionale, oltre alla tutela degli animali e dell’ambiente, a vantaggio del quale svolge anche attività di volontariato sociale.

È attiva nell’ambito del diritto di famiglia e della tutela dei minori, nonché della tutela dei diritti della persona in generale, dei consumatori e della proprietà intellettuale.

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