Qualche giorno fa la nota opinionista ha voluto svolgere il suo severo sguardo censorio sulla vicenda di un giovane italiano attaccato da uno squalo in Australia (https://www.facebook.com/selvaggialucarellireal). La sua critica si è appuntata in particolare sull’avvio di una raccolta fondi, ideata da parenti ed amici della vittima. La giornalista ne ha rilevato l’inutilità. Ed invero in maniera netta ha affermato che “fisioterapia, psicologi, protesi” (voci di spesa indicate dai promotori della raccolta) sono “tutte cose coperte dal servizio sanitario nazionale“. E qui la giornalista si sbaglia di grosso.
Il servizio sanitario in realtà è molto avaro: eroga modelli di protesi obsoleti e francamente imbarazzanti. E tale mia convinzione deriva da alcune vicende giudiziali personalmente seguite. Sono sufficienti riportare due casi.
Un ragazzo, vittima di amputazione transtibiale sx, dovrà sopportare una spesa totale di Euro 1.478.088,80, di cui appena Euro 151.653,28 rimborsate dal SSN.
Una donna, sottoposta ad amputazione trasfemorale sx, spenderà Euro 962.699,66, ricevendo dal SSN appena Euro 132.281,22.
Forse non tutti sanno che non è sufficiente una protesi generica, ma varie tipologie (ordinaria, di riserva, da bagno, per attività sportiva). E che le protesi vanno incontro ad usura e che devono quindi essere sostituite. E che è necessaria una costante attività fisioterapica ed il consumo di vari materiali.
Per l’opinionista invece -che non riferisce però le sue fonti- tutto è splendidamente gratuito ed efficiente: protesi, colloqui psicologici e terapie riabilitative vengono dispensate senza costo e con cadenza adeguata.
Il mito del pubblico che paga tutto è duro a morire. Ma la realtà non è certo questa. La sanità italiana sta sempre più precipitando in un vortice privatistico. E la proliferazione di polizze assicurative per il ramo salute è un indice di tale mutamento.
Eppure non è difficile farsi un’opinione più seria del reale girando per ospedali, per ambulatori o anche per le aule di tribunale, dove, per esempio, le vittime dei sinistri sono costrette ogni giorno a smontare tale visione positiva, pretendendo giustamente che siano i responsabili del reato (e quindi le assicurazioni di questi) a pagare le prestazioni che il SSN non è più in grado di assicurare.
Si consoli però Selvaggia Lucarelli, pur sbagliando rimane comunque in rispettabile compagnia. Le varie assicurazioni, citate in giudizio, continuano a ripetere -proprio come fa la giornalista- che tutto è nella disponibilità della vittima (protesi, prestazioni, erogazioni, trattamenti pensionistici). Una differenza mi pare però doveroso rilevare: se l’infelice uscita della giornalista è stata dettata sicuramente da una scarsa conoscenza del problema, le varie compagnie assicurazioni, pur conoscendo la reale situazione, deliberatamente propalano tale convinzione al solo fine di non veder depressi i loro bilanci da corposi ma giusti risarcimenti.