Nella sentenza n. 36574 emessa in data 31 dicembre 2023 la Corte di Cassazione, dopo aver definito come “indiscutibile” la diversa ontologia del danno morale rispetto a quello biologico, richiama il proprio precedente insegnamento in ordine alla prova dello stesso, mediante il richiamo alla presunzione o alle massime di comune esperienza, trattandosi di un pregiudizio non patrimoniale relativo ad un bene immateriale.
A tale riguardo viene precisato che “un attendibile criterio logico-presuntivo funzionale all’accertamento del danno morale quale autonoma componente del danno alla salute è quello della corrispondenza, su una base di proporzionalità diretta, della gravità della lesione rispetto all’insorgere di una sofferenza soggettiva: quanto più grave sarà la lesione della salute, tanto più il ragionamento inferenziale consentirà di presumere l’esistenza di un correlativo danno morale, inteso quale sofferenza interiore, morfologicamente diversa dall’aspetto dinamico relazionale conseguente alla lesione stessa“.
Ed è appunto quanto viene operato nella recente tabella governativa del danno morale.
Si ribadisce quindi l’inapplicabilità della stessa tabella per risarcire ogni altra lesione che non costituisca una sofferenza morale. Gli aspetti peculiari (tipo la sofferenza fisica o la modificazione dell’agenda personale della vittima) andranno risarciti invece nell’ulteriore valutazione equitativa riconosciuta al Giudice dell’art. 138 C.d.A. correggendo l’errata considerazione giurisprudenziale che gli stessi debbano avere un carattere straordinario o eccezionale.