Secondo un risalente orientamento giurisprudenziale era onere, di chi invocava l’utilizzazione delle tabelle milanesi, produrle in giudizio o quantomeno allegarne il contenuto quale presupposto per la loro applicabilità (cfr. cass. Civ. 13 novembre 2014 n. 24205; Cass. Civ. 17 febbraio 2016 n. 3015; Cass. Civ. 16 giugno 2016 n. 12397; Cass. Civ. 21 novembre 2017 n. 27562).
Tuttavia questa linea è stata ormai superata dalle decisioni più recenti (come confermato anche dalla sentenza n. 8701 del 2 aprile 2024) che si imperniano piuttosto sulla efficacia paranormativa (delle tabelle milanesi cfr. Cass. Civ. 6 maggio 2020 n. 8508; Cass. Civ. 10 novembre 2021 n. 33005; Cass. Civ. 23 giugno 2022 n. 20292; Cass. Civ. 26 gennaio 2024 n. 3539).
Ora ci si domanda come gli entusiasti fautori della nuova tabella nazionale (bloccata recentemente dal Consiglio di Stato: https://studiolegalepalisi.com/2024/02/24/il-consiglio-di-stato-critica-o-schema-della-tabella-unica-nazionale/) possano continuare affermare che vi sarebbe l’esigenza di un intervento normativo nel settore, disconoscendo così la portata generale ed uniformizzante di quella milanese, allorquando questa, a livello processuale, non è più considerata un semplice documento privato (necessitante di produzione) ma indicazione avente valore di una norma (pur non essendo norma), al punto da doverne presumere la conoscenza da parte del Giudice ?