La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11950 del 3 maggio 2024, torna a trattare la responsabilità della Pubblica Amministrazione in ordine all’istallazione delle barriere stradali (guardrail) a qualche mese dalla terribile strage di Mestre (https://studiolegalepalisi.com/2023/10/08/la-funzione-della-responsabilita/).
I guardrail (detti anche barriere stradali o barriere di contenimento stradale) sono dispositivi di sicurezza stradale che: possono presentarsi in diversi formati a seconda delle necessità del luogo in cui vengono installati; sono classificabili in diverse categorie a seconda della loro destinazione e ubicazione; ma hanno sempre come funzione fondamentale: da un lato, di impedire a un veicolo di uscire dalla carreggiata, agendo come una barriera protettiva; dall’altro, di evitare collisioni frontali, prevenendo la possibilità che i veicoli sbandino nella corsia opposta. Nel nostro ordinamento, la progettazione, la validazione e l’installazione delle barriere stradali di sicurezza ha formato oggetto, dapprima, del D.M. n. 223 del 1992 e, poi, dal D.M. n. 2367 del 2004, successivamente integrato da diverse circolari. Attualmente, i guardrail installati in Italia e in tutta l’Unione Europea sono tenuti al rispetto dei criteri stabiliti dalla norma armonizzata UNI EN 1317.
In tema di responsabilità civile della pubblica amministrazione per la manutenzione di una strada, sotto il profilo dell’omessa predisposizione delle opere accessorie laterali alla sede stradale, la Corte di Cassazione ha precisato che: “1) le regole di comune prudenza e le disposizioni regolamentari in tema di manutenzione delle strade pubbliche non impongono al gestore, in base al rapporto di custodia, o comunque al principio del neminem laedere, l’apposizione di una recinzione dell’intera rete viaria, mediante guardrail, anche nei tratti oggettivamente non pericolosi, al fine di neutralizzare qualsivoglia anomalia nella condotta di guida degli utenti; 2) la circostanza che l’adozione di specifiche misure di sicurezza non sia prevista da alcuna norma astrattamente riferibile ad una determinata strada non esime la P.A. medesima dal valutare comunque, in concreto, ai sensi dell’art. 14 del codice della strada, se quella strada possa costituire un rischio per l’incolumità degli utenti, atteso che la colpa della prima può consistere sia nell’inosservanza di specifiche norme prescrittive (colpa specifica), sia nella violazione delle regole generali di prudenza e di perizia (colpa generica); 3) la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell’utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un’adeguata barriera avrebbe potuto opporre all’urto da parte del mezzo“.
Si precisa altresì in sentenza che: “a) la P.A. che, pur avendo collocato una barriera laterale di contenimento per diminuire la pericolosità di un tratto stradale, non curi di verificare che la stessa non abbia assunto nel tempo una conformazione tale da costituire un pericolo per gli utenti ed ometta di intervenire con adeguati interventi manutentivi al fine di ripristinarne le condizioni di sicurezza, viola sia le norme specifiche che le impongono di collocare barriere stradali nel rispetto di determinati standard di sicurezza, sia i principi generali in tema di responsabilità civile; b) la responsabilità della pubblica amministrazione per una res che presenti un vizio costruttivo o manutentivo che la renda inidonea alla funzione protettiva cui dovrebbe assolvere può derivare non solo dall’inosservanza di specifiche norme prescrittive di standard di sicurezza, ma anche dalla violazione di regole di comune prudenza”
I Giudici di legittimità valutano anche la condotta danneggiato, che entri in interazione con la cosa, precisando che la stessa: “si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost. , sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro“.
A tale effetto si chiarisce che l’imprevedibilità del comportamento del danneggiato non deve intendersi in senso assoluto (una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo “delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile né prevenibile“.
A fronte di tali principi la Corte, dopo aver rilevato che “non può essere condotta abnorme quella del conducente che impatta violentemente contro il guardrail, il quale è funzionalmente posto ad attutire le conseguenze degli impatti violenti; e che, come accertato dal ctu, “è più probabile che non” che l’autovettura non potesse sfondare un guardrail in buono stato di manutenzione e continuo, per cui “diverse sarebbero state le conseguenze derivanti dall’urto contro una barriera integra e in buono stato di manutenzione” – facendo buon governo dei principi affermati da questa Corte in tema di concorso di cause, da un lato, ha affermato che: “la mancanza di continuità della barriera guardrail nel tratto di strada interessato ha consentito il verificarsi del sinistro, aggravando in concreto le conseguenze dannose, ponendosi, dunque, come condizione necessaria dell’evento” e, dall’altro, ha escluso che “la causa remota, costituita dalla condotta di guida tenuta dal Pe.Sa. (velocità ed impatto contro il guardrail), fosse connotata da peculiarità tali da porsi come antecedente imprevedibile né da sola era idonea a determinare l’evento, che, non si sarebbe verificato, ove la barriera di protezione fosse stata continua e in buono stato di manutenzione“.