La vicenda portata all’attenzione della Corte di Cassazione, che ha deciso con la sentenza n. 16753 del 17 giugno 2024, riguardava una paziente che, a causa di una ritardata diagnosi, aveva visto ridursi l’aspettativa di vita dell’ordine di due anni (come rilevato dalla disposta CTU). La stessa paziente decedeva nel corso dei gradi precedenti del giudizio.
La sentenza si apprezza per quanto riguarda la quantificazione dei danni, in particolare quello da c.d. perdita di chiance, che, in assenza di alcuna tabellazione (https://studiolegalepalisi.com/2024/03/08/la-quantificazione-del-danno-da-perdita-di-chance-tra-principi-condivisibili-ed-applicazioni-discrezionali/), è lasciata all’equità pura del Giudice.
La Corte afferma che: “deve essere risarcito, iure hereditatis, il danno non patrimoniale subito dalla defunta , che non è il danno catastrofale, né il danno biologico terminale, ma il danno per la riduzione delle sue aspettative di vita per due anni, per il quale si ritiene equa la somma complessiva di euro 100.000,00 ai valori attuali. Si precisa che non va presa in considerazione, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale riportato, la categoria del danno catastrofale (presa in considerazione dalla sentenza impugnata), perché in primo luogo il comportamento del medico non è stato causa diretta della morte della paziente, e inoltre perché il danno catastrofale trova spazio, come espressione particolarmente intensa del danno morale, in tutte quelle ipotesi in cui alla lesione traumatica segua a breve ma apprezzabile intervallo di tempo l’evento morte, e consiste nel pregiudizio subito dalla vittima in ragione della sofferenza provata per la consapevolezza dell’approssimarsi della propria fine (Cass. n. 7923 del 2024).
Per quanto concerne i danni subiti dai due figli iure proprio, anch’essi vanno rapportati non alla perdita del rapporto parentale, non essendo essa stata causata direttamente né esclusivamente dall’operato del (…), ma al danno da lesione del rapporto parentale, per il quale si ritiene equo il valore determinato dalla prima sentenza di appello, in euro 100.000,00 ciascuno, con rivalutazione dalla data della morte della madre (12.3.2013) ed interessi legali sulla somma annualmente via via rivalutata.
È poi dovuto ai figli il risarcimento del danno patrimoniale riportato per la perdita del supporto economico della madre, anch’esso da rapportarsi, come indicato nella prima decisione di appello, ad un periodo di due anni, e quindi da quantificarsi in euro 14.500,00 ciascuno, sulla base dell’importo annuo di euro 7.250,00 ciascuno indicato dagli stessi in comparsa conclusionale, oltre interessi e rivalutazione“.