Nella sentenza n. 13879 del 17 maggio 2024, la Corte di Cassazione approfondisce in mnaiera chiara e puntuale il concetto del triage, affermando che: “il triage non è un approfondito screening preliminare che avvia il paziente verso un già individuato e preciso percorso di cura. Esso altro non è che una utile organizzazione del periodo di attesa della visita, organizzato e gestito dagli infermieri professionali per scandire i tempi di attesa per ciascun paziente a seconda delle priorità prima facie individuabili, iniziando a programmare (salvo necessaria rivalutazione da parte del medico) l’avvio di ciascun paziente verso il trattamento più appropriato. Quindi, il triage non presuppone una valutazione da parte di un medico né tanto meno da parte di uno specialista. Dalle “Linee di indirizzo nazionali sul triage intraospedaliero” presenti sul sito del Ministero della Salute, si rinviene che il triage, quale primo momento d’accoglienza delle persone che giungono in Pronto Soccorso, è una funzione infermieristica volta alla identificazione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione della condizione clinica dei pazienti e del loro rischio evolutivo, in grado di garantire la presa in carico degli utenti e definire l’ordine d’accesso al trattamento. Le Linee guida aggiungono, quanto alle finalità del triage, che lo stesso è finalizzato a gestire la presa in carico di tutte le persone che accedono al Pronto Soccorso, con particolare attenzione a quelle in condizioni di criticità, valutandone i dati ed i segni clinici che contraddistinguono situazioni di rischio, complicanze e/o effetti indesiderati di trattamenti in atto, mediante l’osservazione clinica, l’impiego di scale/strumenti appropriate/i e idonei sistemi di monitoraggio.
Gli obiettivi del Triage in PS si configurano, pertanto, nelle seguenti azioni: identificare le persone che necessitano di cure immediate e garantirne il tempestivo avvio al trattamento, applicando le procedure idonee a fronteggiare le situazioni di criticità in attesa dell’intervento medico, con la finalità di ridurre il tempo libero da trattamento per tutte le patologie tempo sensibili; attribuire a tutti gli assistiti un codice di priorità di accesso alle cure in relazione alla criticità delle loro condizioni ed al possibile rischio evolutivo; contribuire all’ottimizzazione del processo di cura della persona assistita anche attraverso l’attivazione e l’inserimento in un percorso di valutazione e trattamento appropriato (es: patologie tempo-dipendenti, percorsi per soggetti fragili); sorvegliare le persone in attesa e rivalutarne periodicamente le condizioni; gestire e modificare le priorità clinico- terapeutico- assistenziali sulla base di risorse, contesti e necessità contingenti; garantire l’adeguata e continua presa in carico delle persone in attesa e degli accompagnatori, fornendo assistenza ed informazioni pertinenti e comprensibili.
Dall’esame delle richiamate Linee guida nazionali in materia di funzione e organizzazione del triage si deduce complessivamente che la tecnica del triage è il modello di accoglienza adottato in pronto soccorso, ideato per impegnare utilmente i tempi di attesa, e consiste in una prevalutazione delle condizioni del paziente affidata agli infermieri professionali.
La Corte compie peraltro una importante specificazione in ordine alle Linee Guida, affermando che: “pur non avendo la valenza di norma dell’ordinamento, costituiscono espressione di parametri per l’accertamento della colpa medica, che contribuiscono alla corretta sussunzione della fattispecie concreta in quella legale disciplinata da clausole generali, quali quelle contenute negli art. 1218 e 2043 c.c. (cfr. Cass. Civ. n. 13510/22)“.