La Corte di Cassazione, con due recenti sentenze, torna a specificare il concetto di c.d. danno differenziale, individuandone la corretta modalità di calcolo.
Nella prima pronuncia (cfr. Cass. Civ. 27 novembre 2024 n. 30560) si afferma infatti che: “il danno differenziale presuppone l‘esistenza di una menomazione preesistente, alla quale viene ad aggiungersi una nuova menomazione dovuta ad errore medico. In questo caso è appropriata – a meno che non si tratti di menomazioni meramente coesistenti – l’adozione del criterio di calcolo del danno differenziale, in cui, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell’integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua cattiva esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell’intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella complessivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario. Deve, cioè, essere calcolato il totale del danno riportato dalla persona sulla base della percentuale di invalidità complessiva, monetizzato secondo le tabelle di calcolo, e poi va sottratto dalla somma così determinata l’importo corrispondente alla percentuale di danno preesistente (v. sul danno differenziale Cass. n. 6341 del 2014, Cass. n. 28986 del 2019, Cass. n. 28237 del 2022 e Cass. n. 26851 del 2023)“.
Tale impostazione viene confermata nella successiva pronuncia (Cass. Civ. 26 novembre 2024 n. 30458), nella quale si chiarisce inoltre la motivazione alla base dell’adottato metodo di calcolo. Si afferma infatti che: “la liquidazione del danno biologico cd. differenziale, rilevante qualora l’evento risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, va effettuata, in base ai criteri della causalità giuridica, ex art. 1223 c.c., sottraendo dalla percentuale complessiva del danno (nella specie, accertata dal CTU nella misura dell’80%), interamente ascritta all’agente sul piano della causalità materiale, la percentuale di danno non imputabile all’errore medico (nella specie, del 35%), poiché, stante la progressione geometrica e non aritmetica del punto tabellare di invalidità, il risultato di tale operazione risulterà inevitabilmente superiore a quello relativo allo stesso valore percentuale (50%) ove calcolato dal punto 0 al punto 50, come accadrebbe in caso di frazionamento della causalità materiale (Cass. 26851/ 2023; Cass. 20984/ 2024)“.