La Corte di Cassazione, con la sentenza del 4 dicembre 2024 n. n.31063, censura la decisione impugnata, caratterizza per una pedissequa adesione alle argomentazioni del c.t.u., che vengono fatte assurgere, da indicazioni di natura tecnica quali sono, da utilizzare a supporto di una motivazione che presuppone la previa individuazione delle norme di legge applicabili alla fattispecie in esame, e la valutazione dei fatti alla stregua della conformità o meno alla regola comportamentale da esse derivante, a regola stessa della decisione. In particolare afferma che il mal posizionamento di un dispositivo di stimolazione cardiaca, e quindi l’attività stessa posta in essere dai medici dell’ospedale sulla paziente, in un ventricolo piuttosto che in un altro, sia qualificabile come una “complicanza“, prevedibile ma non evitabile, e che pertanto per esso i sanitari non fossero responsabili.
La Corte afferma che: “erra la sentenza impugnata nell’attribuire al riferimento ad una complicanza, mutuato dalla consulenza tecnica, il valore di nozione dotata di giuridica rilevanza, essendo quest’ultima una reazione fisica inaspettata o comunque un accadimento esterno all’operato dei medici che si verifica nel corso di un intervento chirurgico (o del decorso di una malattia), laddove il posizionamento errato di un catetere ventricolare, in un ventricolo diverso rispetto a quello ove era programmato che, sulla base della patologia da cui era affetta la paziente, dovesse essere installato, è frutto di un comportamento umano, e va valutato sotto il profilo della causalità materiale a provocare alla paziente, anziché un beneficio, un aggravamento della sua condizione preoperatoria“.
E’ invece necessario verificare se: “il posizionamento difforme rispetto al programma operatorio sia in rapporto causale con l’aggravamento delle condizioni della paziente e la necessità dei tentativi successivi di riallocazione e con le loro conseguenze. In questo caso, il medico e la struttura sanitaria saranno chiamati a risponderne, a meno che non si provi che la situazione era tale che il dislocamento non fosse frutto di imperizia, e che esso, pur facendo uso di una diligenza commisurata al caso di specie, non avrebbe potuto essere evitato. A questo primo accadimento, del quale va dunque accertato se possa essere considerato frutto di errore umano, dovuto ad imperizia al momento dell’intervento o se esso fosse inevitabile, si aggiunge il comportamento successivo dei medici e della struttura sanitaria, che va anch’esso valutato sotto il profilo dell’apporto causale e sotto il profilo della imperizia e della negligenza nel comportamento dei sanitari, i quali, accortisi del posizionamento dell’apparecchio in ventricolo diverso rispetto a quanto programmato – ove la stessa struttura aveva reputato necessario che fosse senza indugio installato per risolvere il problema da cui era affetta la signora – tentavano invano, a più riprese, di effettuarne lo spostamento nel ventricolo ove esso sarebbe stato effettivamente utile allo scopo programmato – fino a perforare la pleura – per poi inviare la paziente all’ospedale di Pisa per correggere il posizionamento del catetere ventricolare“.
Nella sentenza impugnata manca completamente una motivazione autonoma e non meramente riproduttiva degli esiti della ctu, e manca tutto il percorso di accertamento giuridico dell’esistenza del nesso di causalità materiale tra l’operato del sanitario e il danno lamentato dalla paziente, nonché, una volta effettuata la verifica dell’esistenza del nesso di causalità materiale, la verifica se l’eventuale errore medico sia dovuto a causa non imputabile.
L’errore di diritto in cui è incorso il giudice di merito consiste: “nell’aver perso di vista che, nel giudizio di responsabilità medica, per superare la presunzione di cui all’art. 1218 c.c. non è sufficiente dimostrare che l’evento dannoso verificatosi a carico del paziente costituisca una “complicanza” rispetto al normale iter, rilevabile nella statistica sanitaria, dovendosi ritenere tale nozione – indicativa nella letteratura medica di un evento, insorto nel corso dell’iter terapeutico, astrattamente prevedibile ma non evitabile – priva di rilievo sul piano giuridico. Il peggioramento delle condizioni del paziente, infatti, può solo ricondursi ad un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile o non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile (v. Cass. n.35024 del 2022)“
La Corte quindi indica il percorso che il giudice di merito dovrà operare, in particolare verificaando se:
“– l’installazione dell’impianto ICD poteva ritenersi una scelta clinica adeguata, in relazione alle condizioni della paziente;
– ove fosse stata una scelta adeguata, se la tempistica della installazione doveva considerarsi corretta, in relazione alle condizioni della paziente;
– se l’intervento sia stato eseguito con correttezza e diligenza;
– se il malposizionamento del catetere sia dovuto ad errore umano – essendo irrilevante, sul piano giuridico, la sua qualificazione da parte del c.t.u. in termini di “complicanza” – o se l’errore dovesse ritenersi inevitabile in quanto provocato dalla conformazione fisica del cuore della paziente;
– se potessero ritenersi eseguite con correttezza e diligenza le successive manovre, infruttuose, di riposizionamento corretto del catetere che hanno provocato la perforazione della pleura;
– se, quanto alla responsabilità della struttura sanitaria, possa ritenersi conforme ad una corretta organizzazione la scelta dapprima di compiere a mezzo dei propri medici l’impianto ICD sulla paziente e solo dopo aver constatato l’inesatto posizionamento, l’incapacità dei propri medici di correggerlo e la causazione di ulteriore danno alla paziente, la scelta di trasferire la paziente altrove per far effettuare da ospedale specializzato il corretto posizionamento“.