Nell’ambito del giudizio promosso (dallo Studio) avanti la Corte di Appello di Bologna, veniva censurata la decisione del Tribunale di Parma che, ritenendo responsabile il medico limitatamente alla mancanza di adeguata informazione sugli esiti riscontrati di un marcatore tumorale, aveva erroneamente quantificato il conseguente c.d. danno differenziale. Anche il medico proponeva appello, ma sull’aspetto della responsabilità, asserendo di non essere in realtà tenuto a tale attività informativa, non essendo il medico curante ma avendo proceduto alla prescrizione dell’esame solo per una mera cortesia nei confronti del danneggiato. A fronte di ciò quest’ultimo formulava alla Corte di Appello una nuova censura, questa volta sull’aspetto della responsabilità, contestando l’affermazione del Tribunale di Parma in ordine all’avvenuta consegna materiale dei risultati delle analisi. La Corte di Appello di Bologna accoglieva l’impugnazione del medico, ma ometteva di pronunziarsi sul motivo formulato successivamente dall’appellante principale.
Evidenziato dal paziente l’omissione, avanti la Corte di Cassazione, la difesa della resistente affermava che, con il primo appello, si era consumato il diritto all’impugnazione, con conseguente inammissibilità di quello incidentale successivamente pure sollevato.
La Corte di Cassazione (sentenza del 1 aprile 2025 n. 8499) accoglie il nostro ricorso rilevando di aver chiarito che: “il principio dell’infrazionabilità dell’impugnazione – secondo cui la parte che abbia già proposto appello contro alcune statuizioni della sentenza di primo grado non può, nell’ambito dello stesso rapporto processuale, presentare un secondo appello, incidentale, in presenza d’impugnazione proposta dalla parte avversa (cfr., ad esempio, Cass., 25/07/2018, n. 19745) – vale ogni qual volta l’impugnazione principale concerna una sentenza articolata in più capi tutti astrattamente suscettibili d’impugnazione perché sorretti da un corrispondente interesse attuale e concreto della parte che impugna in via principale, ma non può trovare applicazione nella diversa ipotesi in cui la pronuncia impugnata consti di più capi e in relazione soltanto ad alcuno di essi sussista, per l’impugnante, un interesse all’impugnazione, essendo egli risultato, quantunque per ragioni parzialmente differenti da quelle da lui prospettate nel precedente grado del giudizio, in parte vittorioso, sicché una sua impugnazione principale involgente anche i capi favorevoli della decisione (impugnati, questi, al solo fine di ottenere una motivazione conforme ad altre sue richieste) sarebbe, in relazione a tali capi, inammissibile per carenza d’interesse (cfr., ad esempio, Cass., 7/05/1992, n. 5423, Cass., 28/01/2004, n. 1616, e Cass., 6/07/2010, n. 15980); d’altra parte, che sia l’insorgenza dell’interesse il criterio sistematico che deve guidare la ricostruzione dell’ammissibilità delle impugnazioni successive, e rispettose degli altri canoni di tempestività, è stato di recente confermato, in diverso ma in questo senso contiguo contesto, dalle Sezioni Unite con l’arresto del 28/03/2024, n. 8486, secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva; nella fattispecie, quando l’originario attore ha proposto appello principale non aveva alcun interesse a censurare la statuizione del Tribunale sulla comunicazione dei risultati delle analisi, poiché la pretesa era stata accolta nell'”an”, mentre tale interesse era poi sorto nel momento della successiva impugnazione di Gh.Fr.“