Il Capodanno è una convenzione. Nei ricordi di ogni uomo, gli avvenimenti vengono distribuiti infatti non con riferimento a schemi prestabiliti (come per esempio gli anni) ma ad eventi concreti che hanno modificato il corso dell’esistenza. Così un fatto è “collocato” prima o dopo la nascita di un figlio. Prima del matrimonio o convivenza o dopo la separazione. Prima dell’inizio di un lavoro o del pensionamento. Prima o dopo il trasferimento da una città ad un altro. Non si rammenta immediatamente l’anno, se non dopo una ricostruzione mentale, utilizzando proprio tali capisaldi esistenziali.
Per chi ha vissuto un evento traumatico, il tempo inoltre si arresta. Gabriella Saracino, la mamma di Gaia Von Freymann, uccisa in un incidente stradale, in una recente intervista ha affermato «da quel maledetto 22 dicembre del 2019, la mia vita si è fermata. Non esiste più Natale, Capodanno. La vita è rimasta lì. Nessuno può capire, ma forse chi ha un figlio può immaginare».
Ecco forse proprio nei confronti di queste persone l’augurio di un tempo nuovo, e non semplicemente di un anno nuovo, ha un qualche significato.