La Corte di Cassazione (sentenza del 16 settembre 2025 n. 25399) nel respingere un ricorso, in tema di responsabilità notarile, osserva che: “l’argomentazione così sostenuta interpreti erroneamente in modo solo atomistico (o meramente schematico) il senso dei doveri che incombono sul professionista all’atto di dar corso all’adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali, dovendo il professionista in ogni caso procedere in modo scrupoloso e completo (anche in una prospettiva di complessiva utilità della prestazione) alla cura degli interessi dei soggetti che adesso si rivolgono e, in particolare, alla cura dell’interesse nutrito dai propri assistiti alla sicurezza, alla serietà e alla certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito. Al riguardo, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale gli obblighi di consulenza alle parti – gravanti sul notaio e derivanti dai doveri di correttezza e di buona fede oggettiva nell’esecuzione del contratto, quali criteri determinativi e integrativi della prestazione contrattuale – non si esauriscono nel solo chiarimento rispetto alle clausole di contenuto ambiguo eventualmente presenti nell’atto rogato, ma impongono al notaio di fornire in ogni caso ai clienti tutte le informazioni utili in relazione agli effetti e al risultato pratico dell’atto rogato, oltre che alla corrispondenza di essi alla volontà manifestata dalle parti, dovendo il notaio garantire l’attitudine dell’atto ad assicurare il conseguimento del suo scopo tipico e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell’atto (cfr., ex plurimis, Sez. 2, Ordinanza n. 23600 del 2/8/2023, Rv. 668716 – 01); da questa prospettiva, incombe a carico del notaio il dovere di compiere tutte le attività preparatorie e successive necessarie per il conseguimento del risultato pratico voluto dalle parti, rientrando tra i suoi doveri anche l’obbligo di consiglio o di dissuasione, la cui omissione è fonte di responsabilità per violazione delle clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c., quali criteri determinativi ed integrativi della prestazione contrattuale, che impongono il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della parte (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 7185 del 4/3/2022, Rv. 664244 – 01)“.
Nel caso di specie, l’esecuzione del rogito di un atto di compravendita annullabile per conflitto di interessi, con l’esposizione della venditrice (proprio in ragione di tale conflitto di interessi agevolmente accertabile) al danno consistente nella cessione di un bene a un importo inferiore a quello reale, è stata correttamente qualificata da entrambi i giudici del merito alla stregua di un comportamento professionale infedele, come tale suscettibile d’essere qualificato nei termini di un inadempimento contrattuale.




