La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15431 del 3 giugno 2024, conferma il valore processuale della CAI. La sentenza impugnata davanti alla Corte aveva infatti affermato che, a seguito delle contestazioni sulle modalità del sinistro svolte dalla società di assicurazioni, la parte attrice (cioè il danneggiato)avrebbe dovuto provare che i fatti si fossero svolti come indicato in citazione.
Quest’affermazione è errata in diritto, perché l’art. 143 C.d.A. è chiaro nell’affermare che la C.A.I. sottoscritta da entrambi i conducenti determina una presunzione, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione, che il sinistro si sia svolto con le modalità e le conseguenze indicate su quel modulo. Non si tratta, in proposito, di una novità legislativa, dal momento che la disposizione ora richiamata costituisce la riproposizione dell’art. 5 del Decreto Legge n. 857/76, , convertito, con modificazioni, nella Legge n. 39/77.
La Corte precisa che: “la presunzione è finalizzata, chiaramente, ad un intento deflattivo del contenzioso, avendo lo scopo di garantire entrambi i conducenti del fatto che il riconoscimento concorde delle colpe non venga messo in discussione dagli assicuratori ribaltando l’onere della prova a carico del danneggiato. Ed è evidente che la previsione di una presunzione fino a prova contraria non esclude che la società di assicurazioni possa superarla fornendo, appunto, tale prova; ma significa anche che l’onere della stessa ricade a carico dell’assicuratore e non del danneggiato, come invece l’impugnata sentenza ha affermato nel caso oggi in esame“.
Il Tribunale aveva richiamato il principio di diritto – contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione, S.U., n. 10311 del 5 maggio 2006– secondo cui la dichiarazione confessoria contenuta nel modulo di constatazione amichevole del sinistro (cosiddetto C.I.D.), resa dal responsabile del danno proprietario del veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733 c.c., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice.
La Corte precisa che: “la citata pronuncia delle Sezioni Unite, più volte ribadita in seguito e alla quale la decisione odierna intende dare ulteriore continuità, fu determinata, in realtà, dalla necessità di risolvere una serie di problemi diversi da quello oggi in esame; tra cui il fatto che, all’epoca, una parte della giurisprudenza di merito era orientata – in presenza di una prova contraria resa dalla società assicuratrice rispetto a quanto risultava dal modello CID – a condannare al risarcimento il solo danneggiante e non l’assicuratore. Ciò spiega la particolare attenzione dimostrata dalle Sezioni Unite, in più passaggi della motivazione, all’unicità del rapporto dedotto in giudizio e alla necessità di un accertamento il quale non può che essere unico e uniforme per tutti e tre i soggetti coinvolti nel processo, non potendosi nel medesimo giudizio affermare, con riferimento alla domanda proposta dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore, che il rapporto assicurativo e la responsabilità dell’assicurato esistano nel rapporto tra due delle parti e non per l’altra, e ciò non soltanto in base al principio di non contraddizione, ma soprattutto in base alla struttura dell’azione così come disciplinata dagli artt 18 e 23 della Legge n. 990/69, se si ha presente che l’obbligazione dell’assicuratore di pagare direttamente l’indennità al danneggiato, non nasce se non esiste il rapporto assicurativo e se non è accertata la responsabilità dell’assicurato“.
L’affermazione sul valore confessorio della C.A.I. come atto liberamente apprezzabile dal giudice in quanto confessione proveniente da un litisconsorte necessario si iscrive, quindi, nel contesto particolare di quella decisione, intesa a chiarire l’impossibilità di un esito decisorio diverso per la domanda rivolta contro l’assicuratore e contro il danneggiante. Ne consegue che il principio del libero apprezzamento non è in contrasto con le suindicate norme di legge che conferiscono al modello C.A.I., firmato da entrambi i conducenti, il valore di una presunzione iuris tantum che l’assicuratore è ammesso a superare.
La successiva giurisprudenza di questa Corte, d’altra parte, in più occasioni ha anche stabilito che ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d’incidente deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio.