La vittima dei reati, accertati con sentenza passata in giudicato, di tentata violenza sessuale, percosse, ingiurie e minacce, avvinti dal vincolo della continuazione, constatata l’impossibilità di ottenere il pagamento delle somme poste a carico del reo, per l’assoluta incapienza del relativo patrimonio, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Venezia la Presidenza del Consiglio dei Ministri chiedendone la condanna al risarcimento del danno per il mancato adeguamento dello Stato italiano all’obbligo imposto dall’art. 12, par. 2, della Direttiva 2004/80/Ce del Consiglio, del 29 aprile 2004, di prevedere “un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime“. Il Tribunale di Venezia, in accoglimento della domanda, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 40.000,00, oltre interessi nella misura legale dal 15 giugno 2015 al saldo effettivo. Pronuncia poi confermata sia in Appello che in Corte di Cassazione, con la sentenza emessa in data 28 gennaio 2025 n. 2006, peraltro per inammissibilità dell’impugnazione per la palese tardività dell’impugnazione in quanto notificata il 26 settembre 2022;

L’accertamento del nesso causale in caso di diagnosi tardiva
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 5 febbraio 2025 n.2863, conferma la decisione